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Liutprand - Associazione Culturale

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Articoli

di Alberto Arecchi

UGOTTO, IL FANTASMA DELL’ACQUEDOTTO

nella storia di Tortona

Quando i romani costruirono la città di Dertona (l’attuale Tortona), la rifornirono d’acqua abbondante, sfruttando la ricchezza delle falde acquifere delle colline circostanti. In particolare, raccolsero le acque abbondanti al piede delle valli del Rio Vaccaruzza e del Rio di Margarotto, cinque miglia (quasi 8 chilometri) a sud della città e le incanalarono in un acquedotto, il cui percorso è sfruttato ancora oggi come parte dell’acquedotto cittadino.

Tuttavia, solo pochissimi ruderi rimangono dell'acquedotto originario: si vede un grosso blocco di calcestruzzo, con grossi ciottoli fluviali, in prossimità del punto in cui l'attuale strada da Tortona a Novi incrocia l'antico tracciato del manufatto romano. La pendenza del canale dell'acquedotto doveva essere all'incirca dello 0,4%, su un dislivello di circa 32 m.

Resti dell'acquedotto romano, a lato della strada, tra Tortona e Castellar Ponzano.

In epoca romana, in prossimità della fonte dell’acquedotto, una derivazione alimentava una vasca d’acqua in una sorta di ninfeo sotterraneo, forse consacrato in età antica a una ninfa delle acque.

Sopra il vano sotterraneo, ove fluiva una parte della ricca sorgente, i Longobardi costruirono una ridotta difensiva, poco più che una torre di guardia con una vicina scuderia.

Il tracciato dell'acquedotto romano di Tortona (il Nord è a sinistra).

Tra l’anno 900 e il 950, incombeva costantemente su Tortona la minaccia degli attacchi dei Saraceni, stabilitisi sulla Costa Azzurra, sulla costa ligure e con una base importante a Precipiano, presso Arquata Scrivia.

Le zone occupate dai Saraceni tra la Provenza, il Piemonte e la Liguria.

In quegli anni, numerose furono le loro incursioni in tutto il basso Piemonte, sino ai contrafforti alpini. I Saraceni avevano il controllo di tutta la costa sino ad Albenga e una loro colonna giunse a Tortona dove si insediò e si fortificò per restare diversi anni, tuttavia non riuscirono a prolungare per molto tempo il loro dominio sulla zona. I Saraceni, durante la loro breve occupazione della località, fecero di quel ninfeo un hammam (locale per i bagni). In seguito, i Tortonesi stabilirono un robusto fronte di difesa della città verso sud, a cinque miglia di distanza dalle mura, imperniato sulle località fortificate di Rivalta, Spineto, su una piccola fortezza che difendeva la fonte dell’acquedotto romano (che poi divenne Castellar Ponzano) e una serie di fortificazioni minori.

Località fortificate nel Medioevo, a sud di Tortona.

Dopo l’anno Mille, i cavalieri che si stabilirono a difesa delle fonti dell’acquedotto, viste le usanze dell’epoca di non “eccedere” con i bagni, preferirono trasformare il sotterraneo in una specie di caveau, dove misero al sicuro le ricchezze di famiglia (e il santo Graal?). A custodia di quel sotterraneo, dopo che fu murato per nasconderlo all’invasione dell’imperatore Federico Barbarossa e dei Pavesi, si è prodigato nei secoli il fantasma di Ugotto da Ponzano.

Ugotto da Ponzano era un giovane cavaliere, poco più che ventenne. Suo padre Giovanni si era trasferito, con la famiglia, dal borgo d’origine (uno dei tanti Castrum Pontianum che esistevano sui colli di mezza Italia), ed era venuto alla città di Terdona (l’antica Dertona), dove era stato accolto nel gruppo dei maggiorenti. Gli era piaciuto installarsi in una ridente posizione che faceva parte delle difese a sud della città, vicino al corso del fiume Scrivia, al di sotto del versante occidentale dei colli, ove sorgevano il borgo di Spineto e la località chiamata Dongione, difesi dai cavalieri crociati. Aveva trovato l’antico ninfeo sotterraneo, in prossimità delle ricche fonti che alimentavano l’acquedotto della città. Era il periodo storico in cui nascevano i cognomi delle famiglie. Da quel momento, la località passò ad essere conosciuta con il nome di “Castellar Ponzano”, anche se non aveva l’aspetto degli antichi castellari, o castellieri, e soprattutto era carente della cima appuntita che era la caratteristica principale di tutte le località chiamate Castrum Pontianum. Quando il Barbarossa attraversò le Alpi con il suo esercito, nei primi mesi dell’anno 1155, la città di Milano si rifiutò di far passare le truppe imperiali nel proprio territorio, non accettando l’editto di Roncaglia. Per questo motivo Federico Barbarossa, insieme a un forte contingente di truppe pavesi, mosse all’assedio di Tortona, importante alleato di Milano, nel mercoledì delle ceneri (16 febbraio).

Ugotto prese il suo cavallo e si diresse verso la porta sud di Terdona. Trovò una grande animazione. L’intero consiglio cittadino era in allarme e si stavano apprestando difese sulle mura e le torri di guardia. Le truppe tedesche e pavesi erano decise a prendere la città, dopo aver tagliato il lungo ramo dell’acquedotto romano che scorreva dal Castellar Ponzano verso le mura cittadine. Ugotto raccolse quante più informazioni poteva, poi ritornò a briglia sciolta verso il Castellaro e riferì tutto a Jacobo, il fratello maggiore. Le trombe e i tamburi suonarono l’allarme, raccogliendo i vassalli e il popolo dalle campagne circostanti. La famiglia, riunita in gran fretta, decise che Jacobo si sarebbe incaricato della difesa del Castellaro, al comando di una dozzina di lance e una cinquantina di armigeri, mentre Ugotto avrebbe assicurato i contatti con le difese della città.

Nel sotterraneo furono raccolte, per sicurezza, tutte le ricchezze di famiglia, inclusa una coppa verde di cristallo, che si riteneva dotata di proprietà miracolose, portata da un avo che aveva partecipato alle Crociate in Terrasanta. Era forse quello il Santo Graal? A Tortona si è perpetuata la tradizione che ricorda la presenza il città della coppa preziosa, ma oggi nessuno sa dire dove si trovi. In fretta e furia, si provvide a murare una gran parte dei locali sotterranei, per garantirne la sicurezza da ogni attacco nemico ed evitarne il saccheggio.

Era una ridente mattina di primavera. Rapidamente, Ugotto indossò la cotta di maglia e vestì su di essa la camicia con le armi della famiglia: un’aquila nera coronata con lo scettro e una campitura di tre bande orizzontali rosse, su sfondo d’argento. Cinse la spada, montò di nuovo a cavallo e afferrò una lancia, poi salutò la famiglia e partì, accompagnato dal fido scudiero. Il giovane andò a unirsi alla squadra che doveva difendere dagli assalti dei tedeschi e dei pavesi il Borgo Nuovo, ossia l’espansione medievale verso sud della città. Il patrizio Ugotto da Ponzano, il 15 aprile 1155, morì dopo un combattimento durato ben dieci ore, per la difesa del Borgo Nuovo, perché non cadesse in mano nemica. In quella battaglia, persero la vita 123 tortonesi e 1800 assedianti.

Il Barbarossa cercò di far cadere la città per sete e per fare ciò era stato necessario tagliare l’acquedotto, del quale la famiglia Ponzano era schierata a robusta difesa, con la propria roccaforte. La rocca riuscì a resistere. Il prezioso sotterraneo era stato murato, per evitare il saccheggio della coppa di cristallo e degli altri beni preziosi della famiglia, e tale è rimasto a tutt’oggi: un mistero che attende di essere rivelato. Il Barbarossa fece scavare un profondo fossato intorno a tutta la città, per evitare ogni sortita da parte degli abitanti. Le truppe tedesche e pavesi riuscirono infine ad avvelenare le fonti dell’acquedotto, gettando cadaveri, pece e zolfo nelle fonti di Rinarolo, a nord delle mura dell’acropoli cittadina, dove gli abitanti si recavano ancora a rifornirsi. In città si diffusero la sete e le malattie. Nelle feste pasquali, l’esercito degli assedianti si concesse una tregua di quattro giorni. La città alla fine fu obbligata a cedere, dopo sessantadue giorni d’assedio. Trattarono la resa l’abate di Chiaravalle, Brunone da Bagnolo, e i patrizi Arcinio Bordoni e Pimosto de Pulvinis, per tre giorni, ottenendo l’esilio degli abitanti, carichi delle proprie masserizie portate sulle spalle (solo ciò che potevano portare personalmente, in un solo viaggio). Il resto dei loro beni fu saccheggiato dai Pavesi.

Non è noto il luogo ove i Ponzano emigrarono, dopo la resa della città che imponeva l’esodo di tutti gli abitanti (forse proprio nella loro località d’origine), tuttavia presto riuscirono a ritornare a Terdona.

Il Castellaro dei Ponzano, nei secoli successivi, è stato ricostruito e ampliato a più riprese, sino ad assumere l’aspetto attuale, ma una gran parte dei locali sotterranei è rimasta murata e mai più riaperta. Nessuno, oggi, ne conosce la reale estensione.

L'aspetto del Castellar Ponzano nel sec. XV.

Si narra che i resti di Ugotto fossero recuperati dalla famiglia e sepolti nella cappella che sorgeva vicino al Castellaro, ma che, nei secoli, il fantasma del nobiluomo Ugotto da Ponzano abbia continuato a difenderne l’accesso da tutti i possibili intrusi e invasori, inclusi i proprietari che sono succeduti alla sua famiglia nel possesso del Castellaro.

Premio Piemonte Letteratura, 31° ed., Centro Studi Cultura e Società, Torino, Menzione della Giuria per la sezione Narrativa breve su Identità e Territorio, http://culturaesocieta.gsvision.it.

Pubblicato 12/09/2023 09:00:21