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SAN GUNIFORTO - WINIFORT, MARTIRE VENERATO A PAVIA
Segue la istoria di San Guniforto, il quale per divina disposizione capitò in questa nostra Città di Pavia tutto carico di saette, per adornarla con le sue sacre reliquie. Fu questo Guniforto (Winifort, Winiford) di nazione dell’Isola di Scozia, nato di nobilissimo sangue, ma assai più nobile per virtù e per cristiana fede. Era bello di corpo e di gigantesca statura.
Perseguitandosi crudelmente i cristiani nella sua patria, egli grandemente desiderava di morire per amor del Signor Gesù Cristo. Ma conoscendo che ivi il suo desiderio non poteva aver effetto, ostando la potenza, e l’autorità della sua nobile famiglia, nella quale i persecutori non avevano ardire di por le mani, però con un suo fratello chiamato Guniboldo (Winibald) e due sue sorelle passò in Germania, dove parimenti i Cristiani con vari tormenti erano uccisi.
Ivi, per dar compimento al loro ardente desiderio, con gran fervore andavano pubblicamente predicando la Cristiana Fede, onde furono presi e crudelmente tormentati. Ma per voler divino essi fratelli furono lasciati, e le sorelle, e per sangue e per bellezza molto riguardevoli, ma per la fede e per il dono della verginità e per lo zelo del divino amore assai più belle, vinta la debolezza femminile, aggiuntavi l’esortazione dei fratelli, costantemente ricevettero la gloriosa palma del martirio.
Partitisi poi i due fratelli Guniforto e Guniboldo, e passate l’Alpi, giunsero in Italia alla città di Como, dove ancora aspramente s’incrudeliva contro coloro che confessavano il nome di Cristo, e quivi ad alta voce cominciarono a predicare la Cristiana fede, esortando molti a sopportare costantemente quei martirii per amor di Gesù. Ivi fu solamente preso Guniboldo, e fatto morire, lasciando andare Guniforto senza veruna offesa, pensando quelli che, per aver veduto morire il fratello così crudelmente, egli per tema dovesse abbandonare la fede di Cristo, e così partendosi andò alla volta di Milano, amaramente piangendo la sua sorte di non aver potuto fare con la morte compagnia al fratello e alle sorelle, e che essi prima di lui fossero andati a goder la eterna felicità nella celeste patria, e esso infelice rimasto nella feccia di questo misero secolo, così rammaricandosi entrò in Milano, dove medesimamente i cristiani patendo asprissimi supplizi erano fatti morire.
Allora il valoroso soldato di Cristo, nel cui sacro petto nostro Signore aveva infuso il lume della verità, per essere vero cultore del suo divino nome, cominciò ad alta voce con tali efficaci argomenti a predicare al popolo la pura verità della cristiana fede, che gli infedeli non gli potevano far resistenza, e nondimeno non si volevano però convertire, anzi più contro di lui s’incrudelivano.
Finalmente, il generoso cavaliere Guniforto fu dagli Ariani strascinato fuori di Milano, e con tante saette bersagliato, che nel mezzo della via come morto lo lasciarono, tutto sanguinoso, e con tante saette fitte nel corpo, che pareva un riccio.
Ma per la divina provvidenza lo spirito vitale fu confermato in lui, acciò ch’egli potesse venire al suo destinato sepolcro alla città cristiana. Ritornati dunque in lui gli spiriti, i quali per un pezzo erano iti vagando, alzato il Sant’uomo il capo vide i manigoldi essere partiti, onde levatosi in piedi al meglio che poté se ne venne a Pavia. Non volendo Iddio che il corpo di questo suo servo restasse a Milano, et essendo qui giunto avendo ancora molte saette nel corpo, che non se le aveva potuto cavare, fu con molta carità ricevuto in casa da una devota e cristiana matrona, la quale con molta pietà n’ebbe quella cura che si doveva. Ma il terzo giorno rese l’anima al suo Creatore.
La gran santità di quel glorioso martire si manifestò con tre stupendi miracoli, con gran meraviglia di tutto il popolo. Primamente intorno al suo corpo apparvero molti Angioli con grandissimo splendore, oltre a ciò tutte le campane cominciarono da loro stesse a sonare senza che fossero tocche, palesando con quel loro suono la morte di quel Santo martire, e poi molti ciechi, zoppi, lebbrosi, indemoniati e molestati da altre infermità, andati a questo venerando corpo, restarono incontanente liberi, e così da poi il Signore Iddio a sua intercessione fece molti altri miracoli, e fu questo corpo con molto onore seppellito in quella chiesa che ora ha il titolo dal suo nome, vicino a quella di san Romano, in Pavia, la cui festa si celebra alli 22 di Agosto.
(S. BREVENTANO, Istoria di Pavia, 1570).
Come si può notare, la passio di Guniforto è una ripetizione in tono minore di quella di San Sebastiano.
Gli studiosi hanno cercato di stabilire il tempo preciso del martirio di Guniforto, ma c'è divergenza fra di essi, provocata dalla confusione che la passio fa tra pagani ed eretici. Il Ferrari colloca il martirio di Guniforto sotto Costanzo, il Dempster lo fa martirizzare da pagani però sotto Teodosio; il Tatti assegna il martirio del santo al tempo di Massimiano. Quest'ultima affermazione è accettata dal bollandista Cuypers.
Una chiesa in suo onore era a Milano sul luogo del martirio: "habet tamen Guniforto Mediolani extra portam Ticinensem aedem sacram suo nomini dicatam" (P. P. BOSCA, Martirologio Milanese, Milano 1695).
Con riferimento al nome, ricorderemo che esso fu portato anche da un importante architetto milanese del XV secolo, Guiniforte [Boniforte, Chunifortus] Solari, che fu ingegnere della Fabbrica del Duomo e fu il primo a progettarne il grande tiburio. A lui vanno anche riferiti il progetto per il Coperto dei Figini, la direzione del rifacimento in serizzo della conca del Naviglio e di alcuni interventi provvisori funzionali al cantiere in corso. Morì nel 1481.
A Pavia, l’oratorio di San Guniforto, eretto nel luogo stesso in cui egli era morto, stava dietro il coro di San Romano, non lontano da Canepanova, ossia lungo l'attuale via Defendente Sacchi, presso l'ingresso dell'attuale Catasto (Agenzia del Territorio).
Padre Romualdo (Flavia Papia Sacra, 1699),ricorda che:
“Prima della distruzione della chiesa – o oratorio – di San Guniforto, costruito in memoria di quel Martire dalla Città di Pavia a pubbliche spese, nello stesso luogo in cui egli era morto nel Signore, venendo da Milano a Pavia coperto di frecce, ossia dietro il coro della chiesa di San Romano, il corpo di quel Santo Martire fu trasferito alla nuova chiesa di Santa Maria in Giosafat (che si trovava presso la Porta Palacense, ossia lungo l’attuale via Scopoli), ove riposa con onore”.
In seguito, i resti mortali di San Guniforto furono portati nella parrocchia di Santa Maria Gualtieri e infine, nel 1790, nella parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio.
Nei tempi passati furono tributati a Guniforto onori liturgici quasi straordinari. Era invocato come protettore contro la peste.
I Visconti destinarono alla chiesa di San Guniforto vari proventi, tra cui quelli del dazio della pesa comunale di Pavia. Alla vigilia della sua festa, si celebrava una veglia di preghiera, che durava tutta la notte; gli universitari giuristi solennizzavano la festa con una processione, con stendardo e corpo musicale; una congregazione di Disciplinati, con vita spirituale molto intensa, aveva il suo centro nella chiesa di San Guniforto.
La festa, fissata anticamente al 22 agosto, giorno del suo martirio, è attualmente celebrata, nella diocesi di Pavia, il 26 dello stesso mese.
Di un altro Guniforto, non principe ma cane levriero, venerato in una località della Francia, si è molto discusso. Ne riportiamo la storia, a grandi tratti, perché non lo si confonda con il “nostro” santo di origini scozzesi.
Saint Guinefort o Guignefort di Borgogna era un cane levriero, vissuto nel XIII secolo, che fu oggetto di devozione popolare quale santo per i miracoli che scaturirono presso la sua tomba, oggetto di culto e pellegrinaggi nella zona di Lione, a Sandras, tra Chatillon-sur-Chalaronne e Marlieux.
Secondo la leggenda, il cane era di guardia in un castello dove il cavaliere suo padrone viveva col figlio, di pochi mesi. Tornando un giorno dalla caccia, il cavaliere vide che la stanza del figlio era stata messa a soqquadro, con la culla rovesciata, mentre il cane aveva le zanne insanguinate. Del bambino, ancora in fasce, non v'era traccia. Credendo che il cane lo avesse sbranato, egli lo uccise immediatamente con la sua spada; tuttavia, poco dopo sentì il bambino piangere e lo trovò illeso sotto la culla, assieme a una vipera uccisa dal cane. Esso, dunque, era stato protagonista di una lotta non per fare male al bambino, ma per salvargli la vita.
Una volta scoperto l'errore, con pentimento il cavaliere seppellì il cane in una tomba coperta di pietre, e il luogo divenne meta di pellegrinaggi; in breve tempo si creò un fenomeno insolito, dove numerosi ex voto venivano portati al santo-cane in ringraziamento dei miracoli e delle grazie che, secondo i popolani, compiva, soprattutto per la tutela dei bambini.
Con il tempo, e soprattutto grazie a un incessante passaparola che durò secoli, la sua figura fu assimilata a quella di un santo umano, in carne e ossa. Il suo culto, proibito più volte, persistette a tutte le condanne e venne abolito definitivamente solo negli anni trenta del XX secolo dalla Chiesa cattolica.