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I TEMPLARI NEL TERRITORIO DI PAVIA
I più importanti tra gli ordini cavallereschi furono quello dei Templari (fondato nel 1118 e soppresso nei primi anni del Trecento) e quello degli Ospitalieri di San Giovanni, detti anche Gerosolimitani (chiamati in seguito di Rodi e di Malta). Sui Templari aleggia una fama di mistero, alimentata dalle oscure vicende che portarono alla loro soppressione.
Al principio del sec. XIII era precettore del Tempio per Pavia e Casei Gerola (Caselle) fra Morozzo de Piazzano, alla metà del secolo troviamo come precettore a Pavia fra Enrico di Ponzone, il quale reggeva nel 1252 la domus di San Donnino e l’hospitalis di Sant’Eustacchio. [1] Gli successero Gabriele de Gambalara o de Gambelaria e Nicola Barachinus, i quale parteciparono ai capitoli provinciali tenuti a Piacenza nel 1268 e nel 1271. [2] I Templari pavesi, in quel periodo, erano strettamente alleati alla politica pontificia; nel 1289 papa Niccolò IV li invitò a resistere a Giacomo III d’Aragona e a non versargli le decime per tre anni. [3]
Il ciglio della valle del Ticino è punteggiato d’insediamenti legati alla presenza dei Cavalieri crociati. L’ex monastero di Santa Maria (attuale cascina), a Torre de Torti, nacque su un luogo di antichi culti celtici. [4] Qui si dice sia stato ritrovato un profondo pozzo, pieno di ossa umane. La tradizione popolare è densa di leggende: dalla misteriosa palla infuocata che di tanto in tanto esce dalle finestre dell’ex convento di Santa Maria, per volteggiare tra i campi sino al luogo del duello tra due fantasmi di cavalieri, sulle sponde d’un antico corso d’acqua, al duplice sotterraneo che, partendo dalle cantine del medesimo, dovrebbe collegarsi con le sottostanti Cascina dei Frati e Cascina Caselle (nome comune, quest’ultimo, frequentemente collegato a stazioni dei frati-cavalieri). Giù nella valle, ritroviamo il Paradiso e la cascina dei Frati, sino a Zerbolò, dove si trovava una mansione templare, come risulta dai documenti dell’epoca. Anche la chiesa parrocchiale di Cava Manara, posta proprio sul punto di confluenza delle due valli fluviali del Ticino e del Po, è luogo di leggenda: si parla di cripte sotterranee che si susseguono, l’una sotto l’altra, sino a quattro piani sotto il livello della campagna, e che si collegano con un passaggio sotterraneo a un altro pozzo tetro e misterioso, in mezzo alle campagne (tema ricorrente, questo, nelle leggende rurali). Nel breve spazio compreso fra il Ticino e il Gravellone (cioè l’attuale Borgo Ticino) esistevano le chiese di Santa Maria in Betlem (con ospizio per i pellegrini), Santa Maria di Nazareth, Santa Maria di Giosafat e Sant’Abramo (entrambe queste ultime appartennero alle Canonichesse bianche, dette anche suore Rochette). Sono tutti nomi che ricordano la Palestina e il clima delle Crociate, come li richiama il culto delle Sacre Spine, introdotto a Pavia dopo l’impresa militare in Terra Santa, che assunse una tale importanza per i pavesi da essere equiparato alla festa del mitico vescovo fondatore, San Siro.
A Pavia il principale centro d’irradiazione dei cavalieri crociati era San Giovanni delle Vigne fuori le mura (San Giovannino). [5] Dove ora si trova il cimitero, era un’alta collina coperta da vigneti che sovrastava le mura delle città porgendo una splendida vista sui giardini dei quartieri orientali e oltre, sulle rosse torri e sui tiburi delle chiese. Sulla collina erano la casa madre dei Templari e il convento femminile di Santa Maria di Gerusalemme, nonché due ospedali, l’uno maschile e l’altro femminile. Il complesso sfruttava i resti di antichi edifici termali extra moenia. All’interno delle mura faceva riscontro la casa templare di San Donnino (il Santo protettore di Fidenza, che infatti fu fondata in quegli anni col nome di Borgo San Donnino), non lontano da dove ora si trova il Teatro Fraschini, e la casa madre dei Cavalieri della Croce, col proprio ospedale, presso la chiesa dei Santi Simone e Giuda (nell’angolo fra le attuali vie Scarpa e Pedotti, sull’area oggi occupata dal palazzo Giorgi-Vistarino). Anticamente questa chiesa era detta anche San Giorgio degli Scannati, o Santa Maria del Paradiso. Dovevano esistere collegamenti sotterranei, come in altre città, fra la sede dei Cavalieri esterna alle mura e quelle interne. Il mito del passaggio segreto sotterraneo è frequente, come in tutte le città murate, e almeno in un’occasione l’esistenza d’un passaggio sotterraneo è stata accertata ai margini sudorientali della città medievale.
Un ordine assistenziale, la cui storia è legata a quella dei Templari, fu quello degli Antoniani o Antoniniani, la cui tunica era decorata da una tau di colore azzurro su fondo nero. Gli Antoniani erano devoti di Sant’Antonio Abate di Vienne, nel Delfinato, detto anche Sant’Antonio "del porcello", e allevavano un gran numero di maiali, il cui lardo, impiegato nei massaggi, aiutava a far guarire le cancrene. Dopo la soppressione dei Templari, essi ne acquisirono l’intera possessione del territorio di Linarolo, col relativo Castello. In Pavia, essi si erano installati nell’area in cui poi fu costruito il Castello Visconteo. Sfrattati da Gian Galeazzo Visconti, si trasferirono nel 1376 in Borgo Ticino, dove costruirono una chiesa con ospedale ed entrarono in possesso, sette anni dopo, anche dell’adiacente Santa Maria in Betlem con l’ospedale annesso, che fu unito al loro. Quest’ospedale, come pure l’altro non lontano di Santa Maria di Nazareth, erano indipendenti dalla giurisdizione del vescovo di Pavia, facendo capo direttamente alla propria casa-madre in Palestina.
Degli antichi ospizi ricordiamo lo xenodochio di Santa Maria dei Bretoni e gli ospedali di San Biagio, Santa Brigida, della Carità, di San Cristoforo o della Misericordia, di San Gervaso (fondato a metà sec. XIII e gestito dai "Raccomandati della Beata Vergine"), di Sant’Invenzio, di Santa Maria Vahan in Borgo Ticino, fondato, secondo la tradizione, da Carlo Magno e gestito dai monaci di St. Martin de Tours, di San Martino fuori porta, presso Santa Maria alle Cacce. Nei dintorni della città, a nordest, s’incontravano l’antica chiesa di Santa Maria di Gerico alla confluenza fra i due rami del torrente Vernavola, l’ospedale templare di Sant’Eustacchio alla villa Eleonora, una località che la voce popolare vuole infestata dai fantasmi, [6] poi la chiesa dedicata alla Santa Croce, sulle rive del Ticino, presso Montebolone.
La “strata papiensis”, fra Pavia e Lodivecchio, toccava Sant’Alessio, località che ricorda nel nome il santo patrono dei pellegrini, con un interessantissimo castello dalla pianta di tipo templare, col torrione quadrato al centro e proporzioni geometriche esoteriche e affreschi di viandanti-pellegrini. Dopo Vialone (Vicus Alonis), la strada varcava il Lambro morto al Castrum Lambri, località indubbiamente colonizzata in epoca romana [7] e che ebbe nel Medioevo un ospizio gerosolimitano; ricordato nei documenti come “casa della commenda”. [8] Dopo la costruzione di Lodi nuovo, il tracciato stradale diretto a Crema e Brescia fu naturalmente spostato verso la nuova città. [9]
Da Castel Lambro si staccavano due rami minori: il primo, per Vigonzone [10] (Vicus Azonis) e Bascapè (Basilica Petri), conduceva a Melegnano ove si collegava col tronco Milano-Lodi; il secondo per Valera Fratta, pure sede di una mansione dei Giovanniti, conduceva a Sant’Angelo Lodigiano.
Presso l’attuale strada che esce da Pavia verso Lodi, a Trovamala, una cascina si chiama Commenda di San Giovannino. Oltre Trovamala, l’insediamento fortificato di Torre Bianca, distrutto da un’azienda agricola non molti anni fa, appartenne alla Commenda della Santa Croce di Milano. Da Copiano, dove si attraversa l’Olona, si raggiungeva l’ospizio gerosolimitano di Santa Maria di Borghetto presso Villanterio, che fu molto importante. Il primo atto che lo cita è del 1181, ma forse risaliva a qualche decennio prima (metà del sec. XII, contemporaneo alle mansioni templari di Milano, Pavia, Lodi). I Cavalieri di San Giovanni (Gerosolimitani) nel 1182 si accordarono coi feudatari di Villanterio per abbattere e ricostruire il ponte sul Lambro. Infatti, oltre l’assistenza a pellegrini e malati, essi si curavano della viabilità, contribuivano alle spese di manutenzione di strade e ponti, provvedevano alla sorveglianza dei percorsi con forze armate. A Borghetto fu unita la commenda d’Inverno. Gli accampamenti invernali romani (hiberna castra) sono tuttora riconoscibili nel centro storico d’Inverno, con le sue vie squadrate, nate sul tracciato delineato dagli ingegneri militari romani. La vicina Monteleone (Monte della legione) ricorda pure nel nome i campi di manovre delle truppe imperiali che facevano la guardia alla strada delle Gallie. Al centro d'Inverno, nel luogo dell’antico Pretorio, fu costruito il Castello dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni. Interessantissimo per chi si occupi di architettura castellana, per le sue due torricelle a pianta circolare, caratteristiche delle fortificazioni di quell’ordine cavalleresco. Inverno aveva un ospedale per i pellegrini e fu gestito dai Cavalieri Gerosolimitani in un’unica Commenda, insieme al Borghetto di Villanterio.
Lungo la strada da Pavia verso Cremona, si raggiunge la chiesa romanica con ospedale di Motta San Damiano che appartenne agli Olivetani e ai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (Ordine di Malta). Da Valle Salimbene possiamo scendere nella valle del Po, a San Leonardo (nome derivato da San Leonardo di Limoges) e a Vaccarizza, proprio presso la confluenza del Ticino nel Po. Qui sorgeva una chiesetta che è stata portata via dalle acque. Rimangono un antico convento di suore riadattato e un Crocifisso del sec. XII, affiancato dalla Vergine, da San Giovanni, dalle immagini simboliche del Sole e della Luna, coi loro rispettivi spiriti maestri che sembrano voler pulire gli astri con uno straccetto, o forse coprirli e scoprirli per seguire le fasi e le eclissi.
Si prosegue verso Linarolo e si tocca la frazione Ospitaletto. Tutto il territorio di Linarolo era dei Templari e fu dipendente dal Priorato dei Santi Simone e Giuda. Il castello e l’ospedale di Linarolo passarono agli Antoniniani nel 1380, grazie al testamento del nobile Edoardo Cani. Quello che ancor oggi si chiama Ospitaletto è l’ospedale nuovo, ricostruito nel 1439 con l’annesso mulino. Nei pressi, però, si riconoscono tracce di edifici più antichi, come una bellissima monofora di epoca romanica (la sua fattura, che ricorda la chiesa di San Teodoro, suggerisce il sec. XIII). Proseguiamo, sul ciglio della valle, verso San Giacomo della Cerreta. Chiesetta graziosissima, dedicata all’apostolo patrono dei pellegrini, risale alla metà del sec. XV ed è riccamente affrescata all’interno. Gli affreschi rimasero a lungo coperti da uno strato di calce, steso per disinfezione dopo che l’edificio era stato adibito ad ospedale per colerosi. A Santa Cristina si trovava un’importante Abbazia, fondata nel sec. IX, centro di fede e di cultura per mille anni (fu abolita nel 1776). Vi passò anche, nel 1268, Corradino di Svevia.
Sulle prime colline dell’Oltrepò, Corvino San Quirico e Santa Giuletta conservano i nomi dei due martiri portati in Provenza da St. Amadour. Una frazione di Corvino si chiama “la Romera”. Lungo la strada romea pedemontana esisteva l’antica commenda di Santa Maria del Verzario, sul torrente Rile di Verzate, che appartenne ai Cavalieri Templari. La posizione era atta a controllare il transito lungo la via Emilia, sul ponte del torrente Verzate, e a proteggere questo grande asse di pellegrinaggio. Abbiamo tentato di ricostruire la situazione antica dei luoghi: su un colle a picco, ove ora si trova il santuario di Torricella con la Via Crucis, si ergeva il castello di Pontianum, risalente all’epoca romana. In esso si dovettero stabilire i cavalieri del Tempio, che costruirono l’annessa cappella di Santa Maria. Rimangono tracce di questa cappella, del torrione d’ingresso al Castello, munito di ponte levatoio, chiamato Torre dei Saraceni o anche Torre Paterna, e delle basi d’una torre rotonda d'avvistamento, verso la valle, al di sotto dell’abside del Santuario attuale. Dalla Torre dei Saraceni si aveva accesso direttamente a quella Scala Santa, i cui gradini appoggiano su terra portata dalla Palestina, la quale oggi appare di costruzione (o ricostruzione) recente. Da qui si domina un ampio arco della vallata, compreso fra due località che si chiamano “Castelletto”, e si vedono la Commenda, la Mansio o Magione, ossia località di sosta e di riposo per i pellegrini (attuale Manzo), gli Horta (frazione Orto). A Torricella si festeggia la sagra il 3 maggio, giorno della Santa Croce. L’intera proprietà è inclusa in una circonferenza di un miglio di raggio (1480-1490 m), delimitata ad ovest dal colle di Corvino San Quirico e ad est dal Castello di Santa Giuletta (che non si vede dal picco di Torricella). A valle, la circonferenza passa per le frazioni Orto (gli orti coltivati) e Manzo (Mansio, la Magione). Presso il passaggio della strada sul torrente Verzate, s’individuano il vecchio molino e un edificio, recentemente restaurato, con una bella muratura medievale. Non lontano esiste la cascina Commenda. Dal picco di Torricella, la valle rimane inquadrata in un cono ottico, tra due poggi più bassi i quali recano entrambi il nome di Castelletto (frazioni, oggi, di due Comuni diversi). Più a valle, lungo il medesimo torrente, si trova Pinarolo, il cui Castello presentava una tipologia simile a quello di Sant’Alessio. Il grande Castello di Pinarolo, che proteggeva il passaggio sul torrente Verzate, veva in origine un grande torrione quadrato al centro del cortile (come i castelli templari), che fu atterrato nella seconda metà del sec. XVIII. Non lontano, sul Po, si trovava l’importante porto di San Paolo. [11]
Nel 1308 il precettore di Santa Maria del Verzario, fra Siclerio, fu fatto arrestare dall’inquisitore domenicano fra Filippo da Como, nell’ambito dei processi avviati contro l’ordine del Tempio, e la mansione del Verzario fu posta sotto sequestro. Il 31 dicembre 1310 gli arcivescovi di Ravenna e di Pisa l’affittarono per un anno a Guiscardo de Capexis e ad Enrico Confalonieri di Lavilata. In seguito fu affidata ai Gerosolimitani di San Giovanni. Nel 1500 la Commenda del Verzario possedeva 38 fondi nei paesi vicini. Il rettore era fra Ayna, cavaliere gerosolimitano e commendatore di San Guglielmo, di Pavia. Nel 1749 i beni consistevano in venti pertiche di terreno e il rettore si chiamava Gian Lorenzo Grimaldi. Un registro del 1791 dell’Ordine di Malta, conservato presso l’Archivio di Stato di Torino, elenca i beni della Commenda del Verzate: una grande cascina con la croce di Malta dipinta sulla torretta, presso il ponte sul torrente; il mulino e la cascina della Masone (Manzo), attorno alla quale si coltivava anche la canapa. I beni della commenda furono nazionalizzati dal governo francese, durante l’occupazione napoleonica. Tracce di costruzioni medievali sono riapparse presso il guado a valle del torrente Verzate, durante recenti lavori.
Nell’ottobre 1307, a Parigi, il re di Francia Filippo il Bello fece arrestare il Gran Maestro del Tempio Jacques de Molay e i suoi più stretti collaboratori, sotto l’accusa di praticare segretamente la magia, di aver rinnegato Cristo e la fede cristiana per adorare idoli diabolici, di dedicarsi alla sodomia e a riti osceni. I processi, le torture, le condanne al rogo si susseguirono da allora in tutta Europa, con accenti più o meno violenti, sinché nel 1312 il papa Clemente V, durante il concilio di Vienne, non decise di sciogliere l’Ordine del Tempio.
I processi contro i Templari delle case poste lungo la via Romea o Regina si svolsero a Ravenna e durarono sino al 1311. Contrariamente a quanto avvenne altrove, fra Siclerio, precettore della domus di Santa Maria del Verzario, e i suoi confratelli non furono sottoposti a tortura e alla fine furono assolti nel processo diretto dall’arcivescovo di Ravenna Rinaldo da Concorezzo. Ricordiamo la motivazione della sua sentenza:
«Devono essere considerati innocenti coloro per i quali è possibile dimostrare che hanno confessato solo per timore della tortura. È innocente anche chi ha ritirato la confessione estorta con la violenza oppure non ha osato ritirarla per timore d'essere nuovamente torturato». (Ravenna, 18 giugno 1311)
Rinaldo da Concorezzo passò alla storia per tale sentenza e per il rifiuto di estorcere le confessioni con la tortura, anticipazioni delle tesi di Cesare Beccaria e di logiche processuali moderne. In Italia furono i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni e altri Ordini (abbiamo visto gli Antoniani), che ne raccolsero l’eredità e incorporarono anche quei cavalieri templari che non furono condannati.
Il rivellino del Castello templare di Torricella Verzate, soprannominato "Torre Saracena" o "Torre Paterna". Dietro, si vede la Scala Santa. Oggi esso si apre sul vuoto, ma le tracce di ponti levatoi fanno pensare che di fronte dovesse ergersi un'altra torre, sia pure provvisoria (forse di legno).
[1] Cfr. F. Gabotto, V. Legé, Le carte dell’archivio capitolare di Tortona (sec. IX-1220), in BSSS, v. XXX, p. 209; A. di Ricaldone, Templari e Gerosolimitani di Malta in Piemonte dal XII al XVIII secolo, Madrid, Inst. Internacional de Genealogía y Heráldica, II, pp. 706-7.
[2] Cfr. E. TROTA, L’Ordine dei Cavalieri Templari a Modena e l’ospitale del ponte di Sant’Ambrogio, «Atti e Memorie della deputazione della Società di Storia Patria per le Province Modenesi», XVI (1984), pp. 48, 52.
[3] Cfr. M. E. Langlois, Les registres de Nicolas IV, Paris, 1886, n. 1146.
[4] Verso il 1920, in questa località, fu rinvenuta un’ara votiva di epoca celtica, che fu portata ai Civici Musei di Pavia. Cfr. P. Savio, Storia popolare di Cava Manara, Pavia, 1923.
[5] Cfr. S. S. Capsoni, Memorie storiche della Regia città di Pavia, Pavia, 1782-88, vol. III, p. 23.
[6] Un documento del 1205, del vescovo Bernardo, ne confermava il possesso a fra Barozio, Gran Maestro dell'Ordine.
[7] Cfr. Spizzi, Memorie storiche di Castel Lambro, ed. postuma a cura di G. C. Bascapè, G. C. Bascapè, Gli itinerari dei pellegrini e gli Ospizî dell’Ordine di S. Giovanni in Lombardia, “Rivista Araldica”, Roma, 1936.
[8] G. C. Bascapè, Due strade romane nella campagna di Pavia, Pavia, 1927.
[9] Su tutti questi percorsi si veda pure la citata opera dell’Agnelli, La viabilità nel Lodigiano...
[10] A Genzone o a Vigonzone si doveva trovare quella Sant’Elisabetta del Tempio, dipendente dal Priorato di Brescia ma sita nel contado pavese, il cui sito in un documento appare citato col nome di Giansone.
[11] In un estimo del 1250, conservato a Pavia presso la Civica Biblioteca Bonetta (Arch. Storico Civico, scatola 6, n. 16), sono elencati nella piana alluvionale del Po, in corrispondenza di Pinarolo e di Barbianello, i seguenti toponimi: Scarampacium, Brayda, Domus de Georgiis, To[to]nascum, Ysola, Rav[ey]ra, Sanctus Paulus cum Casali Ruçino.