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Liutprand - Associazione Culturale

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Articoli

di Alberto Arecchi

LUNGO GLI ITINERARI DEGLI ANTICHI PELLEGRINI


Gli itinerari degli antichi pellegrini costituiscono una validissima occasione per immergersi nella natu­ra e per riscoprire episodi d’arte, collegati fra loro dalla comune origine storica. In Spagna l’antico Camino de Compostela costituisce un itinerario percorso ogni anno da migliaia di perso­ne, anche durante i mesi invernali. Il cammino spagnolo è lungo oltre 800 km ed è segnalato da speciali cartelli turistici.

Questi percorsi ci offrono la possibilità d’un turismo intelligen­te, perché ripercorrono tracciati antichi, impressi sul territorio, e uniscono la scoperta di tesori d’arte medievale, testimonianze mi­nori, tracce ormai sbiadite del passaggio degli antichi pellegrini alla possibilità di gradevoli escursioni nella natura. Si tratta di itinerari che seguono il flusso naturale delle acque, nella grande vallata: scorrono come il Po verso il mare e ci costringono a fare delle pause ad ogni incrocio con i suoi affluenti, là dove i castelli, gli ospizi, le cappelle ritmavano le giornate di viaggio dei viandanti. Vediamo alcuni percorsi attraverso la provincia di Pavia. Il percor­so più frequentato era quello: Vercelli - Lomello - Pavia - Lodi - Brescia - Venezia. Al di là del Po, l’itinerario da Torino a Piacenza seguiva un percorso di poco discosto da quello dell’attuale strada statale: un po’ più serpeggiante, per appoggiarsi ai piedi delle colli­ne ed evitare le zone paludose. Una serie di traghetti collegavano i porti sulle due rive del Po e permettevano il passaggio in vari punti.

1 - VERCELLI - PAVIA
Si attraversa il Sesia al porto di Palestro e si passa a sud del Castellazzo di Palestro. Robbio, località d’origine romana, conserva le chiese romaniche di San Valeriano, San Rocco e San Pietro. La prima risale almeno al sec. IX, consacrata al Santo Salvatore, ai Santi Matteo e Valeriano, a Sant’Andrea, fu tra i principali mona­steri cluniacensi della Lom­bardia. Oggi è in parte diroccata. A San Rocco (rifatta) si conser­vano interessanti affreschi. A San Pietro uno strano dipinto dei primi del sec. XVI raffigura la Trinità, con tre figure uguali, barbu­te, allineate una di fianco all’altra. Si prose­gue per la cascina Guizza, Sant’Angelo (un km a ovest della cascina Olai), si guada l’Agogna a Ceretto, ove si trovava un ospedale intitolato al Santo Sepolcro. Cascina di Santa Maria de Strata, a Mortara. Poco fuori, all’Abbazia di Sant’Albino, erano se­polti i pellegrini Amico ed Amelio, trasformati dalla leggenda in paladini carolingi. Pos­siamo proseguire verso Garlasco, altro centro di antica origine; l’antica strada correva circa 300 m più a nord dell’attuale e passava per l’ospedale di Santa Maria delle Barze, fondato verso il 1137. Vicino a Garlasco, sull’orlo della valle del Ticino, il Santuario delle Bozzole perpetua una tradizione antica. Nei pressi si trovava un grande santuario preromano con necropoli delle genti celtiche. Si proseguiva verso Gropello (ospedale di Santo Spirito) e Carbonara Ticino (ospedale mortariense di Santa Maria, fondato nel 1090). Oppure, da Mortara, si può piega­re a sud, parallelamente al corso del torrente Arbogna: Cergnago, San Giorgio (sulle sponde del torrente Agogna sorgeva l’abbazia di Erbamara), e si giunge a Lomello, con il suo Castello e le impor­tanti chiese di Santa Maria Maggiore e di San Michele. Da qui val la pena di risalire lungo la sponda destra dell’Agogna, percorrendo una zona interessante dal punto di vista naturalistico, per raggiun­gere la romanica Pieve di Velezzo, col Battistero roton­do (tracce d’affreschi). A Lomello l’itine­rario si congiunge al secondo. Qui c’era un ospizio dei Cavalieri Geroso­limitani di San Giovanni. Lomello era un importante cro­cevia per i pellegrini, ospitava le chiese di Santa Maria in Galilea e di Santa Maria Maddalena dei Pellegrini. Nel maggio del 1370 giunse a Lomello, esausto e febbricitante (forse di malaria), Guil­laume de Gros, vescovo di St. Gilles, ove si trova un celebre san­tuario. Stava viaggiando da Avignone a Roma e portava con sé una reliquia della Santa Croce, ricevuta in dono dal papa Urbano V. Il vescovo morì a Lomello e affidò la preziosa reliquia alla chiesa di San Michele, a Lomello, ove essa è tuttora conservata. Da allora, tutti gli anni la reliquia fu portata in processione e invocata a pro­tezione dei raccolti. Si dice che abbia distolto parecchie tempeste dai campi dei contadini locali.

2 - CASALE - PAVIA
Attraversato il Sesia, Madonna del Casaletto presso Valle Lomel­lina. Breme fu sede di un ordine monastico di grande importanza nei secoli del Medioevo. Pochi muri e la cripta rimangono dell’an­tica chiesa di San Pietro, nel cui monastero ha oggi sede il Muni­cipio. Vicino alla chiesa parrocchiale si trova uno dei battisteri più interessanti della Lomellina, a pianta ovale. L’esterno conserva quasi intatto il suo aspetto originale medievale. Tutto l’antico cen­tro storico, al di fuori dei normali percorsi turistici, meriterebbe di essere rivalorizzato. Fra Breme e Sartirana, nella località chiamata “il Convento”, esisteva una chiesa consacrata a San Giorgio. Le leg­gende vogliono che fra l’Abbazia di Breme e Sartirana si snodasse un lungo sotterraneo, sotto le campagne. La chiesa di Sartirana è dedicata ai santi Martino e Vitale e dipendeva, nel sec. XII, dal priore di San Giovanni Domnarum di Pavia. A Sartirana si trovava un ospizio dei Templari (non ne rimane traccia), dedicato a San Maria del Tempio. Da Mede, deviazioni interessanti a Frascarolo (castello), all’Abbazia di Acqualunga e a Pieve del Cairo (vicino a Pieve, due cascine si chiamano “Pellegrina”, di sopra e di sotto).

L’Abbazia di Santa Maria di Acqualunga fu eretta nel 1204 dai monaci cistercensi e fu chiusa nel 1530. La chiesa è stata accorciata e della struttura originaria conserva solo una parte del transetto. Il chiostro è stato ricostruito in epoca rinascimentale. L’antica abbazia è oggi incorporata in un grande cascinale, ai margini della riserva naturale (garzaia protetta per la riproduzione degli aironi). C’è an­cora nell’aria la stessa pace e lo stesso silenzio che avvolgevano il monastero medievale.

Pieve del Cairo fu avamposto in Lomellina dei guelfi, che aveva­no fondato la nuova città di Alessandria; la cittadina fu distrutta nel 1154 da Federico Barbarossa. Del castello, costruito pochi anni dopo dai Beccaria, rimane ben conservato solamente un torrione. Ai primi del sec. XVI vi fu portato prigioniero il card. Giovanni de Medici, che divenne in seguito papa col nome di Leone X. Nel sec. XVII il castello fu proprietà del conte Guarnero Guasco, famoso per aver dato la scalata alle mura d’un convento per rapirvi una bella suora. Si può visitare la chiesa di San Giovannino dei batù, così chiamata dall’antica confraternita dei Flagellanti. Alcune deci­ne d’anni fa pare siano state trovate le sepolture di un’altra Confra­ternita, quella della Consolazione: scheletri e paramenti, rapida­men­te scomparsi. In località Cairo si trova il palazzo Isimbardi, dei sec. XVI-XVIII, riccamente affrescato. Nel 1909 scavi archeolo­gici fecero ritrovare le tracce dell’antica pieve e di un battistero che ri­saliva, forse, al sec. VI. Molto interessante è la collezione di vasi dell’antica farmacia, gestita per ol­tre tre secoli dalla medesima famiglia. A Lomello ci si congiunge al primo itine­rario. Madonna di Valeggio. Tra Valeggio e Scalda­sole si può se­guire il tracciato dell’antica strada romana che punta diritta su Dorno, Gropello. Scaldasole era una corte o fara longo­barda, sede di un giudice (sculdahis) che viveva in una torre cinta da ricetto merlato. Il complesso di Scaldasole è il più interessante della Lomellina, fra i più interessanti dell’intera Lombardia. Si compone di due costruzioni, ora unite, ma in origine divise da un fossato: a nord il Castello, a sud il ricetto. Il castello incorpora la parte più antica della costruzione, nucleo risalente con ogni pro­babilità ai sec. XII-XIII. Il perimetro esterno di tale nucleo dove­va coincide­re con quello dell’attuale cortile e comprendere la torre dell’angolo sudest. L’edificio attuale si è sviluppato intorno, utiliz­zandone qualche muro, in particolare la torre, nel sec. XIV o ai primi del se­colo successivo (sotto la signoria dei Folperti). Il ricet­to, che pos­siamo ritenere contemporaneo o quasi all’attuale Castel­lo, manten­ne attraverso i secoli il proprio carattere di cascinale for­tificato (ma anche qui, come nel Castello, furono murati i merli). È formato da tre lati, con due torri angolari ed una d’ingresso ad ovest, ove si conservano le tracce dei ponti levatoi. A Dorno c’era un ospizio dei Gerosolimitani.

Si raggiunge il terzo itinerario, che non è un tratto di strada ro­mea originale, ma raggruppa gli insediamenti (monasteri e castelli) posti sulle due rive della valle del Ticino, nel Pavese, nel Siccoma­rio, e la stessa città di Pavia.

3 - VALLE DEL TICINO
Zerbolò (castello templare), Parasacco (bel castello, piccolo e in parte conservato, dei Visconti), Santo Spirito e Santa Croce (antichi  ospizi gerosolimitani), Caselle di Santa Croce (presso Santo Spiri­to). Il ciglio della valle del Ticino era punteggiato di insediamenti che potrebbero essere stati legati alla presenza dei Cavalieri, dal misterioso monastero di Torre de Torti, giù al “Paradiso” e alla ca­scina dei Frati, sino a Zerbolò dove era una mansione templare, come risulta dai documenti dell’epoca. La tradizione popolare è densa di leggende: dalla misteriosa palla infocata che di tanto in tanto esce dalle finestre dell’ex convento di Santa Maria a Torre de Torti, al duplice sotterraneo che, partendo dalle cantine del mede­simo, dovrebbe collegarsi con le sottostanti Cascina dei Frati e Ca­scina Caselle (nome comune, quest’ultimo, frequentemente collega­to a stazioni dei frati-cavalieri). Nel triangolo del Siccomario, tra Ticino e Po, San Martino e Travacò Siccomario (chiese romaniche: San Martino e Santa Maria in strata). Nel breve spazio compreso fra il Ticino e il Gravellone (cioè l’attuale Borgo Ticino) esistevano le chiese di Santa Maria in Betlem con ospizio per i pellegrini, di Santa Maria di Nazareth, di Santa Maria di Giosafat e di Sant’A­bramo (entrambe queste ultime appartennero alle Canoni­chesse bianche, dette anche suore Rochette): sono tutti nomi che ri­corda­vano la Palestina e il clima delle Crociate, come li richiama il culto delle Sacre Spine, introdotto dopo l’impresa militare in Terra Santa, che assunse una tale importanza per i pavesi da essere equi­parato alla festa del vescovo fondatore, San Siro.

A Pavia, in modo particolare, andiamo a visitare San Pietro in Ciel d’Oro e San Michele (altri edifici, pure strettamente legati alle imprese crociate, sono andati perduti nei secoli). Il centro d’irra­diazione principale dei cavalieri crociati si trovava fuori dalle mura, a San Giovanni delle Vigne (San Giovannino). Dove ora si trova il cimitero, era un’alta collina coperta da vigneti che sovrasta­va le mura delle città porgendo una splendida vista sui giardini dei quartieri orientali e oltre, sulle rosse torri e sui tiburi delle chiese. Sulla collina erano la casa madre dei Templari e il convento fem­minile di Santa Maria di Gerusalemme, nonché due ospedali, l’uno maschile e l’altro femminile. Il complesso sfruttava i resti di antichi edifici termali extra moenia. All’interno delle mura faceva riscontro la casa templare di San Donnino (il Santo protettore di Fidenza, che infatti fu fondata in quegli anni col nome di Borgo San Don­nino), non lontano da dove ora si trova il Teatro Fraschini, e la casa madre dei Cavalieri della Croce, col proprio ospedale, presso la chiesa dei Santi Simone e Giuda (nell’angolo fra le attuali vie Scarpa e Pedotti, sull’area oggi occupata dal palazzo Giorgi-Vista­rino). Anticamente questa chiesa era detta anche San Giorgio degli Scannati, o Santa Maria del Paradiso. Non sappiamo se esistessero collegamenti sotterranei, come in altre città, fra la sede dei Cavalieri esterna alle mura e quelle interne. Un ordine assistenziale la cui storia è legata a quella dei Templari era quello degli Antoniani, la cui tunica era decorata da una tau di colore azzurro su fondo nero.

Gli Antoniani erano devoti di Sant’Antonio Abate di Vienne, nel Delfinato, detto anche Sant’Antonio “del porcello”, e allevavano un gran numero di maiali, il cui lardo, impiegato nei massaggi, aiutava a far guarire le cancrene. Essi si erano installati dapprima nell’area in cui oggi sorge il Castello Visconteo. Sfrattati da Gian Galeazzo Visconti per la costruzione del Palazzo, si trasferirono nel 1376 in Borgo Ticino, dove costruirono una chiesa con ospe­dale ed entrarono in possesso, sette anni dopo, anche dell’adiacente Santa Maria in Betlem con l’ospedale annesso, che fu unito al loro. Quest’ospedale, come pure l’altro non lontano di Santa Maria di Nazareth, erano indipendenti dalla giurisdizione del vescovo di Pavia, facendo capo direttamente alla propria casa-madre in Pale­stina. Degli antichi ospizi ricordiamo lo xenodochio di Santa Maria dei Bretoni e gli ospedali di San Biagio, Santa Brigida, della Carità, di San Cristoforo o della Misericordia, di San Gervaso (fondato a metà sec. XIII e gestito dai “Raccomandati della Beata Vergine”), di Sant’Invenzio, di Santa Maria Vahan in Borgo Ticino, fondato, se­condo la tradizione, da Carlo Magno e gestito dai mo­naci di St. Martin de Tours, di San Martino fuori porta, presso Santa Maria alle Cacce. Nei dintorni della città, a nordest, si incon­travano l’anti­ca chiesa di Santa Maria di Gerico alla confluenza fra i due rami della Vernavola, l’ospedale templare di Sant’Eustacchio alla villa Eleonora, una località che la voce popolare vuole infestata dai fan­tasmi, poi la chiesa dedicata alla Santa Croce, sulle rive del Ticino, presso Montebolone.

A ovest, due chilometri fuori Pavia, San Lanfranco (fondata dai Vallombrosani e in origine consacrata al Santo Sepolcro di Gerusa­lemme). Sulla sponda sinistra del Ticino, andando verso Abbiate­grasso si trova l’Abbazia di Morimondo, costruita dai Cistercensi che erano vicini ai Templari e avevano una regola simile (entrambe stabilite con ii concorso di San Bernardo).

4 - PAVIA - LODI
L’antica strada che usciva da Pavia e puntava su Sant’Alessio an­dava ad attraversare il Lambro a Castel Lambro. Interessantissimo è il castello di Sant’Alessio, il santo patrono dei pellegrini, che ha una pianta di tipo templare, col torrione quadrato al centro e affreschi di viandanti-pellegrini. Deviazione per vedere il castello di Lardirago sull’Olona. Il Barba­rossa, nel 1168, assegnò a Pavia le teste di ponte sul Lambro: Castel Lambro, Zibido e Pairana, in posizione strategica per meglio con­trollare il territorio lodigiano contro i Milanesi. Tali privilegi furo­no rinnovati dai successivi imperatori: Enrico IV nel 1191 e Fede­rico II nel 1219.

Lungo l’altra strada che va a Lodi (quella attuale), vicino a Tro­vamala, esiste ancora la cascina della Commenda di San Giovan­nino. Oltre Trovamala, l’insediamento fortificato di Torre Bianca, distrutto da un’azienda agricola non molti anni fa, apparteneva alla Commenda della Santa Croce di Milano. Da Copiano, dove si attra­versa l’Olona, si raggiungeva l’ospizio gerosolimitano di Santa Ma­ria di Borghetto presso Villanterio, che fu molto importante. Il primo atto che lo cita è del 1181, ma forse risaliva a qualche de­cennio prima (metà del sec. XII, contemporaneo alle mansioni templari di Milano, Pavia, Lodi). I Cavalieri di San Giovanni (Gerosolimitani) nel 1182 si accordarono coi feudatari di Villante­rio per abbattere e ricostruire il ponte sul Lambro. Infatti, oltre al­l’assistenza a pellegrini e malati, essi si curavano della viabili­tà, contribuivano alle spese di manutenzione di strade e ponti, provve­devano alla sorveglianza dei percorsi con forze armate. A Borghet­to fu unita la commenda di Inverno. Gli accampamenti in­vernali romani (hiberna castra) sono tuttora riconoscibili nel cen­tro stori­co di Inverno, con le sue vie squadrate, nate sul tracciato delineato dagli ingegneri militari romani. La vicina Monteleone (Monte della legione) ricorda pure nel nome i campi di manovre delle truppe imperiali che facevano la guardia alla strada delle Gal­lie. Al centro di Inverno, nel luogo dell’antico Pretorio, è nato il Castello dei Ca­valieri Ospitalieri di San Giovanni. Interessantissimo per chi si oc­cupi di architettura castellana, per le sue due torricelle a pianta cir­colare, caratteristiche delle fortificazioni di quell’ordine cavallere­sco. Inverno aveva un ospedale per i pellegrini e fu gestito dai Ca­valieri Gerosolimitani in un’unica Commenda, insieme al Borghetto di Villanterio. Con una gradevole passeggiata si possono raggiun­gere le colline di Miradolo e San Colombano, ricche di storia e fio­renti di vigneti. Si tocca poi il borgo di San Colombano, già in territorio lodigiano. Qui c’era l’hospitium magnum di San Giovanni Battista extra burgum.

5 - STRADA ROMEA A NORD DEL PO
Tralasciamo, nei dintorni di Pavia, gli insediamenti scomparsi, cui abbiamo accennato nel terzo itinerario. Uscendo in direzione di Cremona, possiamo soffermarci a San Pietro in Verzolo dove c’era un lebbrosario degli Agostiniani e sussistono tracce medievali (muri e bifore del chiostro, un acroterio di pietra sul margine della strada statale), a San Lazzaro, ospizio dell’omonimo ordine fondato dalla famiglia Salimbeni nel 1157. Proseguendo, si arriva alla chiesa romanica con ospedale di Motta San Damiano che appar­tenne agli Olivetani e all’Ordine di Malta. Da Valle Salimbene pos­siamo scendere nella valle del Po, a San Leonardo (il cui nome è derivato da quello di San Leonardo di Limoges) e a Vaccarizza, proprio presso la confluenza del Ticino nel Po. Qui sorgeva una chiesetta che è stata portata via dalle acque. Rimangono un antico convento di suore riadattato e, sul muro di una cascina, un Crocifis­so del sec. XII, affiancato dalla Vergine, da San Giovanni, dalle immagini simboliche del Sole e della Luna.

Si prosegue verso Linarolo e si tocca la frazione Ospitaletto. Tutto il territorio di Linarolo era dei Templari e fu dipendente dal Priorato dei Santi Simone e Giuda. Il castello e l’ospedale di Lina­rolo passarono agli Antoniniani nel 1380, grazie al testamento del nobile Edoardo Cani. Quello che ancor oggi si chiama Ospitaletto è però l’ospedale nuovo, ricostruito nel 1439 con l’annesso mulino. Proseguiamo, sul ciglio della valle, verso San Giacomo della Cerre­ta. Chiesetta graziosissima, dedicata all’apostolo patrono dei pelle­grini, risale alla metà del sec. XV ed è riccamente affrescata all’in­terno. Gli affreschi rimasero coperti da uno strato di calce dopo che l’edificio era stato adibito ad ospedale per colerosi. San Giacomo costituisce la perla di quest’itinerario. Da qui si può ri­salire a Belgioioso e proseguire per Corteolona, borgo di origine longobarda. Qui tennero la corte re ed imperatori carolingi. Nel sec. X divenne possesso dell’Abbazia pavese del San Salvatore. Nel sec. XIII l’intero borgo fu fortificato.Si prosegue quindi per Santa Cristina. Qui si trovava un’importante Abbazia, fondata nel sec. IX, centro di fede e di cultura per mille anni (fu abolita nel 1776). Vi passò anche, nel 1268, Corradino di Svevia. Bissone, antica pro­prie­tà del monastero del San Salvatore di Pavia, il cui castello fu ri­fatto dalla famiglia Borromeo. Chignolo era un possedimento del­l’Ab­bazia di Santa Cristina. Il castello, nel suo aspetto attuale, fu costrui­to nel sec. XVII dalla famiglia Cusani. Sul passaggio del Lambro, Castellazzo. Si raggiunge così Ospedaletto Lodigiano, ormai fuori provincia. Verso il Po, sotto San Giacomo, c’era il porto di Pissarel­lo che consentiva il passaggio sull’altra sponda, per raggiungere le strade romee oltrepadane.

A Costa de Nobili rimane un castello fondato prima del sec. X, che fu possesso dell’Abbazia di San Cristina e direttamente della Santa Sede. Più in là, a proteggere i porti e i traghetti, troviamo San Zenone, col castello che proteggeva il guado sulla foce dell’Olona e il porto sul Po. Intorno all’anno Mille, San Zenone si chiamava Porto di Arena; fu dipendente dalle chiese pavesi del San Salvato­re e di San Giovanni Domnarum. A Zerbo c’è il castello detto “dei Templari” (ricostruito dai Ghislieri nel sec. XVIII); insieme alla vi­cina Torre Selvatica, che oggi è solo un cascinale, Zerbo era am­ministrativamente collegato, nel Medioevo, al comando di San Co­lombano al Lambro.

Un grande porto sul Po era quello di Pieve Porto Morone. Il ca­stello conserva parti del sec. XV e un’interessante meridiana. Nel sec. XIII vi erano insediati i Conti di Rovescala. Su questo confine, qui e nell’Oltrepò, infuriarono i combattimenti tra pavesi e piacen­tini. Un altro periodo cruento, in questa zona, fu quello delle guerre di successione (sec. XVIII).

Cascina Colombrina, a Monticelli Pavese: ex monastero bene­dettino.

6 - AL DI LÀ DEL PO
Provenendo da Alessandria in direzione di Piacenza: Silvano Pietra. C’erano un monastero di suore agostiniane, consacrato a San Sebastiano, ed un castello di cui rimane l’alta torre. San Gaudenzio, con la vicina Cervesina, sono località menzionate nei documenti sin dal sec. X. L’attuale castello, adibito a ristorante, è una costruzione del sec. XVII. Nei suoi pressi, nel sec. XIII, si tro­vava un ponte fortificato che attraversava il Po.

A Branduzzo merita di essere visitato il palazzo rinascimentale della famiglla Botta, con l’annesso ricetto. Era citato nei documenti fin dal sec. XII come proprietà del Vescovo di Tortona. Vicino a Bressana c’è il piccolo, grazioso castello di Argine (sec. XIV). Il grande castello di Pinarolo proteggeva il passaggio sul torrente Verzate. Aveva in origine un grande torrione quadrato al centro del cortile (come i castelli templari), che fu atterrato nella seconda metà del sec. XVIII.

San Re reca un nome legato al passaggio dei pellegrini: si tratta della contrazione del nome di San Regolo, vescovo di Arles. A Ba­selica San Pietro si trova l’antica pieve romanica, che conserva al­cune parti originarie. Si osservi, sul campanile, la piccola scultura che raffigura una coppia in piedi, nell’atto di fare l’amore. Presso Tornello (Mezzanino) esisteva un Castello della Commenda. Presso Albaredo, lungo la strada che va verso San Cipriano, si trova l’ora­torio di Santa Maria del Lago de’ Porzi (sec. XIV, ma con tratti che ricordano il gusto romanico). L’ospedale di Santa Maria di Portàl­bera fu fondato nel 1114, per volontà del Vescovo di Pavia. Il ca­stello di Portàlbera fu costruito nel 1236 dal vescovo pavese Rodo­baldo, per proteggere un ponte in chiatte sul Po.

La Pieve di Arena apparteneva alla diocesi di Piacenza ed era intitolata a San Pietro. Ricostruita nel sec. XIII, è oggi dedicata a San Giorgio. Ad Arena c’era anche un ospedale di San Giacomo di Galizia. Proseguendo nel tratto compreso fra il Po e l’autostrada, si incontra un piccolo rilievo collinare (emergenza delle falde che da Stradella si prolungano a formare i rilievi di San Colombano, a nord del Po). Qui troviamo la località Strada Grande e il Santuario della Fontana Santa, presso Ripaldina. A Parpanese c’era un castel­lo, che fu distrutto nel 1214 dai milanesi e dai piacentini, in lotta contro Pavia, durante le lotte per la conquista dell’Impero fra Fe­derico II e Ottone di Brunswick. Sino al 1652 vi furono edifici dei monaci Olivetani (forse un antico ospizio). È interessante l’aspetto urbanistico dei dintorni della chiesetta di San Gorgonio, quasi sulla riva del Po.

7 - STRADA PEDECOLLINARE
Fra Pontecurone e Castel San Giovanni, il tracciato serpeggiava ai piedi delle colline e si può ancora ripercorrere, in ampi tratti, fra un borgo e l’altro. Presso Pontecurone, nel 1120, era stato fondato l’Ospizio della Crocetta. La cittadina stessa, chiamata all’origine Burgus in Strata, venne fondata verso il 1250. A Casei Gerola, an­ticamente detta Caselle, esisteva una mansione Templare. La chiesa di San Giovanni fu ricostruita probabilmente verso la fine del Tre­cento, dopo essere passata ai Cavalieri di San Giovanni: vi si trova un affresco raffigurante una battaglia navale fra Cristiani e Mus­sulmani.

A Voghera, la Pieve di San Lorenzo esiste almeno dal 915 e alla stessa epoca si fa risalire la costruzione del castello. Poco prima dell’anno mille, quando morì San Bovo, alle porte del borgo i pel­legrini venivano sistemati in un vasto campo chiamato Gerbo, lungo la sponda dello Staffora, vicino al ponte. Qui fu eretta la “chiesa rossa” di Sant’Ilario. Presso lo Staffora è la Chiesa dei Santi Ilario e Giorgio, conosciuta come Chiesa Rossa. Di antica origine, fu fondata lungo la via dei pellegrini (Via Romera) e ricostruita nelle forme attuali nel sec. XII (eretta a parrocchia nel 1195). Chiusa al culto nel 1805 e trasformata in magazzino militare, venne poi riscattata e restaurata tra il 1937 e il 1954. Un restauro discus­so, che comportò l’invenzione ex novo della bifora della facciata e la ricostruzione quasi totale dell’abside, nonché il rifacimento di parti di muratura originali, come, in particolare, dei due contraf­forti in arenaria della facciata. Oggi è santuario della Caval­leria. Nell’interno è conservata un’interessante lapide funeraria cri­stiana (sec. VI-VII). Verso il 1140 anche Voghera ebbe il suo ospedale. L’ospizio di San Giovanni de Pareto è menzionato a par­tire dal 1256 e ricevette donazioni dai nobili Nazzano de la Ripa. Alla fine del sec.XII la chiesa di Sant’Ilario acquisì il privilegio di benedire i bordoni e le scarselle (bisacce) dei pellegrini, che prima appartene­va alla pieve di San Lorenzo. L’ospedale di Montebello fu fondato nel 1256.

A Casteggio c’era l’Ospizio di San Sebastiano (vicino, una via si chiamava “dei Pellegrini”). A est di Casteggio, dalla Fontana di Annibale, è possibile abbandonare la strada statale attuale e percor­rere l’antica via, che passa da un borgo all’altro seguendo il piede delle colline. Corvino San Quirico e Santa Giuletta conservano i nomi dei due martiri portati in Provenza da St. Amadour. Una fra­zione di Corvino si chiama “la Romera”. Lungo la strada romea pedemontana esisteva l’antica commenda di Santa Maria del Ver­zario, sul torrente Rile di Verzate, che appartenne ai Cavalieri Templari. La posizione era atta a controllare il transito lungo la via Emilia, sul ponte del torrente Verzate, e a proteggere questo grande asse di pellegrinaggio. Un documento del 1149 ricorda il templare Dalmazio de Verzario, che aveva lasciato alla casa del Tempio di Milano i propri beni situati a Paderno. Nel 1308 il precettore, fra Siclerio, fu fatto arrestare dall’inquisitore domeni­cano fra Filippo da Como, nell’ambito dei processi avviati contro l’ordine del Tempio. La mansione del Verzario fu posta sotto se­questro. Il 31 dicembre 1310 gli arcivescovi di Ravenna e di Pisa l’affittarono per un anno a Guiscardo de Capexis e ad Enrico Con­falonieri di Lavi­lata. In seguito fu affidata ai Gerosolimitani di San Giovanni. Nel 1500 la Commenda del Verzario possedeva 38 fondi nei paesi vi­cini: il rettore era fra Ayna, cavaliere gerosolimitano e commenda­tore di San Guglielmo, di Pavia. Nel 1749 i beni consi­stevano in venti pertiche di terreno e il rettore si chiamava Gian Lo­renzo Grimaldi. Un registro del 1791 dell’Ordine di Malta, conser­vato presso l’Archivio di Stato di Torino, elenca i beni della Com­menda del Verzate: una grande coscina con la croce di Malta di­pinta sulla torretta, presso il ponte sul torrente; il mulino e la ca­scina della Masone (Manzo?), distante circa tre miglia dalla Com­menda, attor­no alla quale si coltivava anche la canapa. I beni della commenda furono nazionalizzati dal governo francese, durante l’occupazione napoleonica. La località adiacente a Verzate, Manzo, conserva an­cora il nome Mansio, proprio delle località di sosta e di riposo per i pellegrini. L’antica strada attraversa Cassino Po e Vi­comune e rag­giunge Broni. Qui si venerano due santi pellegrini: San Palmerio, morto nel 1233, e il ferrarese San Contardo.

Il beato Contardo, della Casa degli Estensi di Ferrara, faceva po­veramente per umiltà, insieme a due compagni, un pellegrinaggio di devozione a Santiago de Compostela (Spagna). Giunto a Broni, Contardo si ammalò gravemente e il locandiere della Croce Bianca, ove alloggiava, per non alienarsi i ricchi avventori, lo fece traspor­tare nel tugurio di un vicino, ove morì il 16 aprile 1249. Il beato Contardo è divenuto patrono di Broni.

A Stradella merita una visita l’antica chiesetta romanica di San Marcello in Montalino, con tracce di affreschi. Uscendo verso est, incontriamo due località dai nomi di Piano Santa Maria e Colom­betta. Risalendo il torrente Versa per poco più di dieci chilometri, si raggiunge Santa Maria della Versa, probabile feudo templare.

Se si prosegue la strada romea, si attraversano Zenevredo e Bo­snasco, località citate negli antichi itinerari. Da qui, salendo una stradina proprio al confine del nostro Oltrepò, troviamo un’altra traccia dei Templari a Mondònico. Il nome deriva da Mons Domi­nicus, Mons Donnicus, “monte del Signore”. Fu sottratto dal Barba­rossa al controllo dei Piacentini nel 1164, per darlo ai Pavesi, e passò di mano più volte tra gli uni e gli altri. Nel 1262 i Pavesi lo rivendettero ad Alberto Scoto, signore di Piacenza. Fu possedi­mento dei Cavalieri Templari, dipendente dalla Precettoria di Pia­cenza, costituito da 279 pertiche di terreno con vigne, prati, campi, boschi, fossi, gerbidi e alcuni mansi, come risulta dai verbali alle­gati ai processi che portarono allo scioglimento dell’Ordine dei Templari. Come altri beni, dovette passare nel sec. XIV all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (poi divenuto Ordi­ne di Malta). L’antico complesso fortificato è oggi il centro di un’azienda vitivinicola, privo di tracce evidenti di particolare anti­chità, che spicca sin da lontano sulla cima del colle. Presso il suo ingresso sorge la chiesa, tuttora consacrata a San Giovanni Evange­lista. San Damiano al Colle appartenne al complesso fortificato tem­plare di Mondònico e indi al feudo di Portalbera. Nel 1677 di­ven­ne proprietà del Conte Galeazzo Mandelli. La chiesa parroc­chiale, dedicata ai santi Cosma e Damiano, presenta eleganti carat­teri sti­listici del primo Settecento. Il campanile è di costruzione moderna. Sul lato nord della piazza, da un cortile, si accede al Tor­rone, una costruzione medievale dall’aspetto fortificato, con note­voli tracce di murature antiche. La tradizione vuole che al Torrone esista un sot­terraneo segreto di collegamento col Castello di Mondònico.

Il torrente Bardonezza segna il confine attuale con la Provincia di Piacenza. Qui, nel 1158, fu fondato l’Ospedale di San Giacomo di Bardonezza. Il borgo di Castel San Giovanni fu costruito lungo la strada romea nel 1290, dai Piacentini.

Pubblicato 31/03/2008 12:45:21