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LA MADONNA ALLA FONTE
Il Santuario di Locate TriulziLocate Triulzi è una piccola, un tempo “ridente” cittadina a sud di Milano, all’incirca a metà strada di distanza da Pavia. Tra Locate Triulzi e la Pieve di Locate (oggi Pieve Emanuele, sulla sponda destra del Lambro), sul lato sinistro della profonda valle, scavata nella pianura dalle acque del Lambro meridionale, sorge il santuario di Santa Maria della Fontana, o meglio sarebbe dire “alla Fonte, alla Sorgente” (ad Fontem), costituito da tre chiese sovrapposte. Sin da lontano si vede svettare lo snello campanile, alto quasi 35 metri, proprio sul ciglio del terrazzo fluviale.
Il santuario fu costruito sopra una fonte risorgiva. In origine, forse sin dal sec. XIII, era stato eretto un tabernacolo dedicato alla Madonna, sul margine della valle del Lambro, presso una fonte o risorgiva naturale. Alle acque di quel luogo dovevano essere attribuite proprietà miracolose, ma non si trova traccia documentata d’un miracolo specifico, che possa aver dato inizio alla fama del santuario.
Gran parte del territorio di Locate appartenne sin dal sec. XIV alla nobile famiglia milanese dei Trivulzio, della quale si hanno notizie sin dal 941. Nel 1277 i Trivulzio sono menzionati tra le duecento famiglie patrizie milanesi, nella Matricula Nobilium Familiarum dell’arcivescovo Ottone Visconti. Nel sec. XV i rami della casata erano diversi, insigniti di parecchie proprietà feudali. Dal 1410 in poi i Trivulzio strinsero – a più riprese – legami di parentela con i Barbiano di Belgioioso e vissero in prosperità alla corte degli Sforza, per poi passare al servizio dei re di Francia, nel periodo in cui questi rivendicavano in eredità il Ducato di Milano.
Erano tempi duri per la gente comune, costretta a subire e pagare i conflitti tra i potenti. La Lombardia si trovò al centro dello scontro tra le grandi potenze europee (Francia e Spagna imperiale) e al contempo rischiava d’essere dilaniata dalla guerra religiosa tra cattolici e protestanti, che era alle porte (Svizzera, Valtellina). L’Università di Pavia, che annoverava tra i suoi professori cultori di magia bianca e cabalisti ebrei, era frequentata da studenti “oltremontani” ed era sede di vivaci fermenti protestanti e laicisti. Era uno di quei momenti storici in cui la religiosità popolare si ravviva, trova rifugio nel grembo accogliente del miracolo, le apparizioni soprannaturali si moltiplicano e si alimentano in una necessaria concatenazione di necessità di sopravvivenza dei gruppi sociali.
Gian Giacomo Trivulzio, il nome più celebre della famiglia, era stato marchese di Vigevano. Aveva prestato servizio come condottiero Alfonso d’Aragona, re di Napoli, per poi passare a guidare gli eserciti dei re francesi Carlo VIII e Luigi XII. Era arrivato al grado di Maresciallo di Francia, era stato acclamato come il vincitore della battaglia di Marignano (1515), ma era morto in Francia il 5 dicembre 1518, cinque mesi esatti prima di Leonardo da Vinci. Con le ricchezze accumulate i Trivulzio finanziarono anche la realizzazione d’opere d’arte, come la cappella funeraria di famiglia, eretta dal Bramantino presso la Basilica di San Nazaro (dal 1511 al 1519). Un’opera tipica del Rinascimento più laico e severo, che applicava all’architettura una rigida geometria classicheggiante e non indulgeva minimamente alla pietà religiosa d’ispirazione popolare.
Il conte Gaspare Trivulzio, signore di Locate, aveva ingrandito nel 1470 il santuario di Santa Maria alla Fonte con la costruzione della chiesa “inferiore”, della capienza d’un centinaio di persone, sopra un’antica edicola romanica. In seguito iniziarono i lavori per l’edificio soprastante. Nel 1525 la Battaglia di Pavia pose fine alle speranze di dominio dei re di Francia sulla Lombardia. Forse il re Francesco I, dopo la sconfitta, rimpianse la dipartita del suo Maresciallo, pensando che avrebbe potuto salvarlo. Certamente la rimpiansero i suoi parenti d’ogni grado, costretti a rendere omaggio ai nuovi padroni di Milano. I Trivulzio dovettero cambiare indirizzo politico, incanalando i propri servigi verso il campo imperiale, del quale erano stati fieri avversari, e desideravano scrollarsi di dosso l’etichetta d’amici dei protestanti, in una Lombardia ultracattolica. Quale iniziativa più opportuna della costruzione d’un santuario dedicato alla Madonna? Un tale progetto avrebbe smentito qualsiasi diceria di alleanza con quel mondo protestante, tanto vituperato, che aveva influenzato la vicina Pavia con la sua Università, e verso il quale era nota l’accondiscendenza della monarchia francese.
Nel mutato quadro politico, dopo la grande Battaglia, verso il 1530, i Trivulzio costruirono il nuovo santuario, articolato su tre livelli, con due chiese sovrapposte l’una all’altra, ed entrambe all’originale cappellina della fonte. Qualche autore sostiene che la ricostruzione sia stata decisa in memoria d’un evento miracoloso, avvenuto nel 1522. Sopra l’altare della chiesa inferiore si trova un affresco che raffigura la Madonna col Bambino, di scuola leonardesca, recentemente restaurato. Non abbiamo notizie dell’autore di quest’opera, ma le caratteristiche dell’affresco conducono alla scuola di Leonardo da Vinci. Il capo inclinato della Madonna, somigliante a quello della Vergine delle Rocce, la foggia dei capelli, il sorriso enigmatico, l’accuratezza dei particolari delle mani riconducono a Leonardo, ma alcune cadute di qualità, quali il paesaggio senza sfumature e lievi errori di prospettiva, fanno propendere verso l’attribuzione ad un allievo. Altre immagini della Madonna erano affrescate su questa parete. Una fu distaccata e trasportata a Locate, in una apposita cappella, presso la chiesa parrocchiale di San Vittore.
La chiesa superiore può contenere più di 200 persone. Un porticato aperto precede l’ingresso e sul lato sinistro della facciata svetta il bel campanile. Al piano più basso, oggi parzialmente interrato, sul fondo della valle, sono le vasche di raccolta dell’acqua. Le murature visibili non appaiono più antiche del 1400. Si sono conservate tracce di aperture e di affreschi, fra i quali una Madonna col bambino, che si può scoprire, attraverso un’apertura, sotto l’altare della chiesa inferiore, costruita al di sopra delle vasche. L’aspetto del santuario, subito dopo la costruzione cinquecentesca, è documentato nello sfondo dell’affresco leonardesco, sull’altare della chiesa inferiore. Al lato della Vergine si vede infatti riprodotto fedelmente, nel paesaggio, il fianco nord della chiesa, con i suoi piani sovrapposti, e il pendio del terrazzo fluviale del Lambro. Non sappiamo come fossero a quell’epoca le coperture originali della chiesa superiore, se di legno o a volte, perché al principio del sec. XVIII tutte le volte furono rifatte.
Il santuario, con l’annesso convento, fu affidato dai Trivulzio alla congregazione dei Servi di Maria nel 1533, proprio nell’anno in cui il priore generale lanciava al mondo cattolico un appello per la ricostruzione della congregazione stessa. Così facendo, i Trivulzio rafforzavano il loro legame con il “cattolicissimo” impero di Spagna e contribuivano all’edificazione d’una cintura di santuari mariani, a circondare e proteggere Milano, come – ad esempio – la Madonna dei Miracoli di Treviglio e l’ampliamento dello stesso santuario di Caravaggio. Tale disegno era condotto da Ippolito II d’Este, arcivescovo di Milano dal 1519 al 1550, figlio di Lucrezia Borgia e perciò nipote del papa Alessandro VI.
Nel 1741 i Servi di Maria progettarono un radicale rifacimento del santuario, con un secondo campanile che avrebbe dovuto affiancare la facciata ed un’alta e grande cupola, secondo i gusti dell’epoca, ma le opere non furono mai iniziate, almeno per quanto riguarda il complesso delle chiese. Solo l’adiacente convento ebbe una nuova sistemazione.
Nella seconda metà del sec. XVIII l’Ordine dei Servi di Maria fu soppresso nei territori austriaci, sotto Giuseppe II, poi in Francia e nel resto d’Italia. Nel 1799 i beni del convento di Santa Maria alla Fonte divennero di proprietà statale. In seguito il marchese Giorgio Trivulzio acquisì nuovamente per la propria famiglia il santuario con le proprietà annesse e la principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso riaprì la chiesa al culto, nel 1842. Verso il 1930 il complesso del santuario, che versava in condizioni di scarsa manutenzione, fu sottoposto ad una serie di restauri con criteri stilistici, con il rifacimento in calcestruzzo di alcune colonne ammalorate del porticato d’ingresso e con la modifica di alcune finestre.
Il santuario, con l’adiacente cascina, è stato vincolato come monumento soltanto nel 1993, dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali ed al Paesaggio di Milano.
Nel 1999 è stata restaurata l’immagine principale della Madonna alla Fonte, dei primi anni del ‘500, affrescata sopra l’altare maggiore della chiesa inferiore. Il restauro dell’affresco leonardesco, ad opera della restauratrice Francesca Cerri, figlia del proprietario della tenuta della Fontana, è stato in un primo momento avviato in modo “abusivo”, senza le necessarie autorizzazioni della Sopri Soprintendenza alle Belle Arti, ottenute solo in un secondo tempo. La Madonna è riapparsa nella sua eleganza originale, ripulita di corone e drappeggi, una Madonna di più semplice fattura ma di grande valore pittorico. Il dipinto misura circa 90 centimetri di larghezza e un metro e venti di altezza e secondo gli esperti dovrebbe risalire al 1520, un anno dopo la morte di Leonardo.
Ogni anno nel mese di giugno, in occasione della ricorrenza dell’Ascensione, la chiesa della Fonte è al centro d’una gran festa, durante la quale si svolgono celebrazioni religiose e una fiera che si estende dal centro di Locate Triulzi sino alla frazione.
Rimane irrisolto il mistero di che cosa si possa trovare sotto la chiesa inferiore, al livello delle vasche dell’acqua, nelle fondamenta retrostanti, immerse nel terreno della scarpata. In quel luogo dovrebbero essere sepolte le vestigia della primitiva cappella costruita sulla risorgiva. Un enigma storico legato alla vita dell’uomo nella valle del Lambro, tra l’Antichità e il Medioevo. Qualora dietro le vasche si celassero effettivamente i resti di un più antico santuario, la Madonna della Fonte di Locate uscirebbe dal rango delle creazioni dovute alla “ragion di stato” per rientrare, a pieno diritto, nella rete di luoghi miracolosi della vasta pianura irrigua, con altri luoghi in cui, da tempi antichissimi, si è praticato il culto delle acque guaritrici, poi trasformatosi, in epoca cristiana, nella devozione alla Vergine, a San Giovanni o ad altri Santi taumaturghi.