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ALLE ORIGINI DI PAVIA
Gli studi della forma urbana di
Pavia hanno sempre prestato particolare attenzione alla maglia viaria a
scacchiera, d’impronta romana. Il nucleo centrale della città conserva ancor
oggi le vie ortogonali e le sottostanti fognature con le volte di mattoni.
La tradizione tramandata da tutti
gli storici afferma che Pavia, anticamente chiamata Ticinum, era cinta nel
medioevo da tre anelli di mura: il primo di età romana (sec. III d.C.)
rielaborato da Goti e Longobardi, il secondo ‑ più ampio ‑
risalente al sec. X e infine il più esterno, corrispondente alla dimensione
definitiva del "centro storico" quale noi oggi lo conosciamo,
costruito a partire dal sec. XII. Tale è l'immagine di Pavia tramandata nei
disegni dell’”Anonimo ticinese" Opicino de Canistris e di tutti gli altri
autori successivi. Immagine celebrata con intenti e significati allegorici, ma
anche come segno di organizzazione razionale del tessuto urbano. È facile supporre che, quanto più ci
si allontana dal centro, alcuni isolati, pur approssimativamente quadrati, non
siano che aggiunte tardive, riprodotte ad imitazione di un nucleo originario
più antico. Le irregolarità riscontrate negli isolati delle file più esterne
vengono abitualmente attribuite ad adattamenti, resi necessari dalle
irregolarità del terreno. È il caso di notare che, se la maglia quadrata risaie
al primo impianto della città, sarebbe stato logico che presunte irregolarità
si ripercuotessero, distribuite in ugual misura, nella suddivisione degli
isolati, e non soltanto in quelli più esterni, poiché l'impianto di una città
avveniva tracciando dapprima le mura e quindi eseguendo le divisioni in isolati
al loro interno. La presenza d’isolati con misure anche lievemente discordanti
da quelli centrali può essere spiegata solo con aggiunte ed ampliamenti urbaní
successivi alla prima fondazione.
Nessun dubbio viene abitualmente
formulato sulla corrispondenza del Kardo maximus e
del decumanus maximus con gli attuali assi principali del centro: la Strada
Nuova e i corsi Mazzini e Cavour.
Gli isolati quadrati della zona
centrale di Pavia non presentano tutti la stessa regolarità di forme e di
misure.Il disegno teorico ed esoterico di Opicino inquadra la pianta di Pavia
in 80 isolati quadrati, non tutti in realtà esistenti: tutta l'area orientale
conserva isolati d'altra forma. È vero che l'insediamento in quell'area dei
nobili Longobardi poté alterare la maglia urbana preesistente, ma anche le
tracce più antiche emerse dagli scavi non rispettano il reticolo ortogonale. La
costruzione circolare identificata nel cortile del Liceo Classico ha dimensioni
incompatibili con la trama degli isolati a scacchiera (STENICO, 1968).
D'altronde la qualità dei rilievi
topografici a disposizione non è sufficiente a compiere misure di grande
precisione sulla carta: nonostante le affermazioni di Tibiletti (1968), non
esiste ancor oggi una restituzione fotogrammetrica di tutto il centro storico
di Pavia. Il rilievo disponibile è stato ottenuto da successive rielaborazioni
e distorsioni delle vecchie mappe catastali. Tuttavia, una serie di tentativi
di sovrapposizione di reticoli differenti alla pianta originale, alla scala
1:1000, conduce alla contestazione di alcune conclusioni portate da Tibiletti
nel suo studio. Appare, come risultato di tali ricerche, una maglia di isolati
quadrati dal lato costante di 270 piedi (m 79,3125), con vie di 15 piedi (m
4,4062) in entrambe le direzioni. In tale maglia, due kardines Nord‑Sud, corrispondenti l'uno all'attuale Strada
Nuova e l'altro alle vie XX Settembre ‑ Bossolaro – dei Liguri, erano
dilatati alla misura di 30 piedi (m 8,8124), a spese delle file d’isolati
adiacenti verso est, ridotte in larghezza alla misura di 255 piedi (m 74,906)
(1).
L'ipotesi di Tibiletti, che il
tessuto urbano mostrasse chiaramente un solo kardo maximus ed un decumanus
maximus, non risulta coerente con le misure ‑ non perfette, lo
ripetiamo, ma migliori di quelle da lui utilizzate della carta deformata e
ridotta alla scala 1:2000.
I limiti esterni del primo nucleo di Ticinum Nel tentativo di definire il perimetro della Ticinum primitiva, la nostra indagine ha
cercato di individuare sulle mappe catastali del centro di Pavia la permanenza
di elementi, che chiameremo per semplicità "strutture ad Y". Con una
certa frequenza, lungo la tarda antichità e il medioevo, subito fuori delle
porte urbane si formavano spiazzi di sosta e di mercato, dai quali si
diramavano le strade dirette verso la campagna. Fu lungo tali strade divergenti
che si cominciò a costruire edifici, poi consolidati, i quali in seguito
formarono borghi che richiesero l'ampliamento delle mura. Un ulteriore elemento di conferma
per i limiti che abbiamo identificato ad Est e a Nord è il tracciato della
Carona orientale, o Carona Magistrale. Le Carone sono due corsi d'acqua che fin
dalle origini hanno identificato e delimitato il sito di Ticinum, scorrendo nei fossati esterni delle sue mura, l'una ad
Ovest e l'altra ad Est. La Carona orientale, o Magistrale, dopo un percorso
parallelo ill'antica via di Milano (attuale via Griziotti, fra san Pietro in
Ciel d'Oro ed il viale Matteotti), scorre sotto corso Carlo Alberto, avvolgendo
il tracciato della "prima cerchia di mura" disegnata da Opicino de Canistris
(PERONI, 1968; HUDSON, 1981). Nella sua carta della rete fognaria di Pavia, il medico
comunale Egidio Perini (1907) riporta un vecchio tracciato della Carona
Magistrale, che proseguiva passando sotto la "stretta della malora" (il
vicolo, oggi chiuso, fra il palcoscenico del teatro Fraschini ed il giardino
Malaspina) e sotto l'Università fino ad un punto situato, fra le tre torri di
piazza Leonardo da Vinci. I n quel punto sull'allineamento Est-Ovest di
via Roma e dell'antico Il passaggio delle catene'' attraverso l'Università, il
canale svolta e assume una direzione diretta al Ticino. Le quote indicate dal
Perini mostrano che questo tracciato ha una profondità rispetto al piano
stradale di gran lunga superiore all'altro, che passa sotto corso Carlo Alberto
‑ piazza Ghislieri ‑ via Volta fino a santa Maria alle Cacce.
Quest'ultimo è praticamente, lungo il corso Carlo Alberto, un percorso
superficiale, mentre il primo corre a diversi metri di profondità. Inoltre, il
fatto che il primo percorso trasgredisca in maniera cosi palese l'ordine del
reticolo quadrato fa pensare che sia preesistente a tale ordine ed esterno
all'area primitiva occupata dagli isolati quadrati. Il punto in cui il canale
volta verso Sud‑Sudovest indica lo stesso limite settentrionale
rappresentato dalle fondazioni di mura e di porta urbana in via Roma, e verso
Est lo stesso rappresentato dalla porta orientale dietro la chiesa di san
Tomaso. ~ facile, a questo punto, argomentare che tale tracciato della Carona
lambisse l'angolo Nord-est e il perimetro orientale del primo impianto urbano.
In seguito all'ampliamento della città in età imperiale, con l'aggiunta di
altri isolati, il primo tracciato della Carona Magistrale fu coperto, e poi un
secondo fu realizzato, a lambire il nuovo muro di cinta (il "primo
muro", secondo la tradizione storica). Rimane da definire soltanto il
limite occidentale di quello che presumiamo fosse il primo nucleo di Ticinum, la città fondata dai Romani
nell'89 a.C. Non possedendo nessun elemento contrario, possiamo presumere che
il limite fosse costituito dal tracciato dell'altra Carona, che scorre
incassata in un solco piuttosto profondo sotto l'attuale via dei Mulini. Lo
stesso limite, cioè, che viene tradizionalmente riconosciuto per il "primo
muro". Ricaviamo da queste considerazioni
un impianto rettangolare di cinque isolati per sette, di misure approssimative
m 414,2 x 581,6 (calcolate agli angoli esterni degli isolati, senza tener
conto delle dimensioni della cortina muraria e delle difese esterne).
Considerando tre (almeno) degli isolati destinati al foro e ad edifici
pubblici, e accettando la densità di 256 abitanti per isolato proposta da
Tibiletti (1968), il nucleo originario di Ticinum
avrebbe avuto una capienza si circa 8.200 persone. Un calcolo del tutto
ipotetico, ma che può aiutare a raffrontare la città con altre sue
contemporanee, per valutarne l'importanza e per stimare la dimensione degli
edifici pubblici di cui poteva essere dotata. BibliografiaD. BULLOUGH, Late‑antique
and early medieval Pavia: topography and social change, in "Atti del
Convegno di studio sul Centro Storico di Pavia, 1964" (ACSCS), Pavia,
1968, p. 78. Nota
Rimane il problema di identificare
il decumanus, cioè l'asse principale
Est‑Ovest. Pur riservando la trattazione di questo argomento al punto
seguente, anticipiamo l'osservazione che le piante di Pavia delineate da
Opicino de Canistris, le più antiche che si conoscano, lo collocano non nella
posizione dei due corsi principali attuali, ma un isolato più a Sud, in
corrispondenza delle attuali vie Menocchio ‑ Omodeo ‑ del Comune ‑
Varese.
Quando tali espansioni edilizie
venivano incluse in un perimetro murario allargato, esse mantenevano la loro
forma, segnalando cosi con chiarezza la posizione di antiche porte, anche dopo
la loro distruzione. Tale è il caso, ad esempio, del Carrobbio di Milano. Casi
analoghi possono essere riscontrati attraverso tutta la storia della cultura
urbana. Utilizzando le vecchie mappe catastali dr Pavia, alcune
di tali "strutture ad Y" sono emerse all'interno di quella che è
tradizionalmente chiamata "la prima cerchia" delle mura urbane. Niente di
stupefacente, se si considera che le "mura romane" risalivano ad età
imperiale (sec. III d.C.), qualche secolo dopo la costituzione del primo nucleo
urbano: fatto confermato dalle differenze di forma e di misure fra il nucleo
più centrale e gli isolati aggiunti successivamente.
Siamo portati a supporre che le
biforcazioni più interne corrispondano alle porte del primo perimetro urbano di
Ticinum. Due di tali "strutture ad Y" sono chiaramente identificabili, in
base alle vecchie mappe. L'una all'incrocio di via Cardano con via Porta
Calcinara, là dove una via del reticolo romano, parallela all'attuale via Cossa
ed ancor oggi identificabile nei cortili interni dell'isolato, sboccava sul
perimetro della zona costruita e si diramava in tre rami: l'uno verso l'attuale
porta Calcinara, l'altro che oggi conduce a San Teodoro, mentre il terzo è
marcato da un vicolo oggi chiuso che andava a sboccare in via Pietro Maffi. La
seconda di tali strutture, ad est della città, sta dietro l'abside dell'ex
chiesa di san Tomaso, là dove l'antico vicolo di Volta Rabbiosa si diramava,
obliquo rispetto al reticolo viario romano. La direzione del vicolo si
prolungava nell'attuale via Scopoli e più in là nella campagna, se guardiamo la
carta del Ballada (sec. XVII).
L'asse viario Est‑Ovest
corrispondente a tale porta è stato interrotto con la costruzione della chiesa
di san Tomaso, ma appariva rispettato dall'antica
costruzione che fu identificata durante scavi del secolo XIX(STENICO,
1968). Si tratta dello stesso asse viario che Opicino de Canistris indicava come decumanus principale (se non maximus per dimensioni).
La direzione della via che usciva dalla porta, che appare ancora marcata nel tessuto urbano odierno e che
corrisponde approssimativamente ad un andamento rispettoso delle curve di
livello del terreno, non risulta interrotta che in corrispondenza all'isolato
compreso fra le attuali vie Morazzone e Porta. Dobbiamo supporre che
l'interruzione di un asse così importante, che costituiva l'ingresso della
città da est, in corrispondenza della strada proveniente da Cremona, sia stata
motivata dalla costruzione di un complesso edilizio estremamente importante.
Secondo le storie pavesi, tale complesso non poteva essere che il Palazzo Reale
costruito da Teodorico, che comportò lo spostamento della porta orientale della
città ‑ ribattezzata appunto Porta Palatina ‑ e, possiamo supporre,
lo spostamento del decumanus dalla
posizione primitiva alla via parallela, un isolato più a Nord. Opicino de
Canistris disegna ancora, nel 1330, l'asse principale nella sua antica
posizione, perché gli interessa descrivere la struttura urbana sulla base di un
disegno astrologico connesso alla fondazione della "città cristiana” (e
quindi precedente al regno di Teodorico).
Anche la leggenda da molti
riportata, secondo cui la posizione indicata dalla mitica colomba, che segnò il
luogo di fondazione di Pavia, sarebbe quella occupata poi dalla chiesa di san
Tomaso, troverebbe così una spiegazione efficace. Ricordiamo che la porta
orientale era il punto d'ingresso per chi proveniva da Cremona, cioè per la
"civiltà romana" portata dalle colonie romane già esistenti.
Una terza "struttura ad Y" si potrebbe
ravvisare nei vicoli adiacenti alla piazzetta di san Pantaleone, sul fianco Nord
della chiesa del Carmine. Tuttavia, tale spiazzo non si allinea con nessun asse
viario del reticolo quadrato. L significativo, comunque, che tale
"struttura ad Y", ben evidente, sia situata al Nord di via Roma. E
proprio in via Roma, in adiacenza dell'incrocio con la Strada Nuova, la "Carta
archeologica d'Italia" (1939) identificava, in una cantina, le fondazioni
di una porta della cinta muraria romana.
Carta Archeologica d'Italia
Dell'antichissima processione che
si pratica in Pavia, detta delle crocette, in "Almanacco sacro
pavese'', Fusi, Pavia, 1874.
F. FAGNANI, Il tracciato delle
mura romane di Ticinum, in "Bollettino della Società Pavese di Storia
Patria", XI, Pavia, 1959, p. 3,
P. HUDSON, Archeologia urbana e
programmazione della ricerca: l'esempio di Pavia, Firenze, 1981.
V. LANZANI, "Papia
Vegia" e la genesi di un mito delle origini, in "Bollettino della
Società Pavese di Storia Patria", Pavia, 1978, p. 29.
G. NOCCA, Topografia di Ticinum
all'epoca romana, in ''Atti del III convegno nazionale di studi
romani", Bologna, 1934, p. 415.
E. PERINI, Le condizioni
demografico‑sanitarie e igienico‑edilizie della Città di Pavia,
Pavia, 1907.
A. PERONI, Problemi della documentazione
urbanistica di Pavia dal Medioevo all'epoca moderna, in ACSCS, Pavia, 1968,
pp. 99.
R. SALOMON,
Opicinus de Canistris, 2 vol., Studies of the Warburg Institute, London,
1936.
R.
SALOMON, Aftermath to Opicinus de Canistris, in "Journal of the Warburg
and the Courtauld lnstitute", XV, 1‑2, London, 1962.
A. STENICO, Elementi della
documentazione urbanistica, monumentale ed edilizia di Pavia romana, in
ACSCS, Pavia 1968, p. 61.
A.
TARAMELLI, Notizie degli scavi, Pavia, 1894, p. 73.
G. TIBILETTI, La fondazione di
Pavia, in "Regisole'', 33, Pavia, mag.‑giu. 1962, p. 6.
G. TIBILETTI, La struttura
topografica di Pavia antica, in ACSCS, Pavia, 1968, p. 41.
C. TOMASELLI, Il sistema di
fognature romane di Pavia, Pavia, 1978.
(1) La misura di piede corrispondente
a tali calcoli è quella di cm 29,375, proposta da Tibiletti come la più
adeguata.