Salta direttamente al contenuto
Liutprand - Associazione Culturale

Liutprand - Associazione Culturale

Articoli

di Alberto Arecchi

ADELCHI AL BANCHETTO DI CARLO MAGNO


La prima settimana di giugno dell’anno 774, Carlo Magno entrò trionfante in Pavia, capitale longobarda, e mandò Desiderio, ultimo re longobardo, prigioniero in Francia.

Adelchi, figlio di Desiderio, che resisteva in Verona, fuggì e andò a rifugiarsi a Costantinopoli, presso l’imperatore romano d’Oriente Costantino V.

La cronaca di Novalesa narra che in un certo momento, quando il regno d’Italia era ormai completamente sotto il controllo di Carlo Magno, ed egli stesso si era installato tranquillamente nella città di Ticinum, che era chiamata con altro nome Papia, Algiso o Adalgiso (Adelchi), figlio del re Desiderio, osò ritornare nella città da solo, come in esplorazione, desiderando sapere che cosa si faceva e si diceva, secondo l’usanza degli invidiosi. Fin dalla giovinezza, era un audace guerriero nella forza e nello spirito ed era pieno di astio nei confronti del re dei Franchi che gli aveva tolto il Regno.

Adelchi – Algiso.

Pare che Adelchi ritornasse in Italia nell'anno 788. Già era passato parecchio tempo da che suo padre e lui stesso avevano perso il regno. Si imbarcò dall’Adriatico con una flottiglia di marinai e una piccola compagnia di soldati. Risalì il Po, raggiunse il porto di Pavia, sul Ticino, e riuscì a entrare in città, senza essere riconosciuto da nessuno. Era venuto in nave, in incognito, non come figlio del re deposto, ma mescolato tra la gente comune. E da nessuno era stato riconosciuto in mezzo a quei soldati, ma alla fine lo riconobbe un uomo longobardo dei più noti, uomo di corte e un tempo uno dei più fedeli a suo padre. Quando si rese conto che non poteva nascondersi affatto da lui, e che l’aveva riconosciuto, lo supplicò a parole, per il sacramento della fedeltà, che aveva giurato a suo padre e a lui stesso, di non rivelare la sua presenza a re Carlo.

Lui gli rispose subito e disse: “In fede mia, non ti tradirò con nessuno, mentre posso nasconderti. E Algiso disse: “Amico mio, oggi, alla tavola del re, quando cenerà, mi farai sedere a capo di uno dei tavoli, e tutte le ossa che devono essere rimosse dalla tavola, sia quelle ripulite dalla carne che quelle con ancora attaccata della carne, sottrarrai alla vista dei vecchi, e cercherai di metterle davanti a me”. I commensali usavano, allora, gettare a terra sotto la tavola, di fronte a sé, le ossa dei ricchi piatti di selvaggina.

Un banchetto alla tavola di Carlo Magno.

“Cercherò di adeguarmi alla tua richiesta.” Gli disse il vecchio cortigiano: “Farò come desideri”. Perché era lui che doveva portare il cibo a tavola, come al solito. E quando il pasto fu arrivato, fece tutto come gli era stato detto.

Carlo Magno vittorioso riunì i suoi uomini a Pavia (capitale dei Longobardi sconfitti) e offrì loro il solito abbondante banchetto. Giravano grandi vassoi di selvaggina: cervi, orsi e bovini selvatici catturati nei boschi dei dintorni. Tutti mangiarono come ci si aspettava nell’alto Medioevo da un gruppo di nobili e generali dell’esercito (cioè abbuffandosi fino a scoppiare) ma un soldato in particolare, seduto in fondo alla tavola, si distingueva per voracità, divorando un impressionante quantitativo di carne. Algiso accumulava davanti a sé le ossa di tutti i commensali.

Algiso ruppe tutte le ossa, mangiandone il midollo, come un leone affamato che divora la preda, e sotto la tavola accumulò un mucchio notevole di frammenti di ossa.

Alla fine, si alzò e se ne andò prima degli altri. Quando il re si alzò dalla tavola, vide l'enorme mucchio di ossa sotto la tavola e disse: “Chi, o che cosa, o Dio, ha rotto tante ossa?”

Tutti risposero che non lo sapevano, ma un tale aggiunse:

“Ho visto qui un potente soldato, che spezzava tutte le ossa di cervi, orsi e tori, come si spezzano gli steli della canapa”. E subito fu chiamato colui che prima aveva portato il cibo al re, al quale il re disse: “Chi era e da dove veniva quel soldato che sedeva qui e ha rotto tante ossa mangiando?” Lui rispose e disse: “Non lo so, mio caro signore e re”. “Per la corona della mia testa, tu lo sai”.

Ma quando si vide preso, quello ebbe paura e subito fuggì. Carlo Magno, il grande re, futuro Imperatore del Sacro Romano Impero, era rimasto senza parole. Ma non, come potremmo credere, per il biasimo. Anzi disse ammirato: “Costui mangia come un leone che divori la preda, deve essere un guerriero di grande valore”.

Il re intuiva in cuor suo che si trattasse di Algiso, ne fu molto addolorato e così lasciò andare l’uomo impunito, e disse ai suoi:

“ Da che parte se n’è andato”? Uno di loro gli disse: “É arrivato in nave, signore, e quindi sospettiamo che così pure se ne vada.” E uno dei suoi uomini disse al re: “Mio Signore, desideri che lo inseguiamo per ucciderlo? E il re gli disse: “Come?”

“Dammi gli ornamenti delle tue braccia e con essi io lo ingannerò, al tuo posto”.

Il re gli diede l’oro che portava al braccio destro, l’uomo lo indossò e inseguì Algiso per ucciderlo, correndogli dietro a grande velocità lungo il terreno, finché non lo trovò. Quando lo vide da lontano, lo chiamò per nome ed egli non rispose, Poi, vedendo l’oro che quello portava al braccio, gli fece capire che Carlo gli aveva consegnato un regalo d’oro per poterlo incolpare di averglielo rubato di nascosto. Aggiunse che la nave avrebbe dovuto virare verso la riva vicina.

Ben presto raggiunse la nave. Ma quando era vicino e vide che il predetto regalino gli era stato allungato sulla punta d’una lancia, subito il male lo minacciò e subito fu gettato sulla schiena Afferrando la cintura e la lancia, disse: “Se mi porgi quei doni sulla punta della lancia, anche io li riceverò con la lancia. Inoltre, se il tuo signore mi ha mandato dei doni con inganno, affinché tu potessi uccidermi, io non sono né posso apparire inferiore a lui. Allora gli manderò i miei.”

Quindi gli diede i suoi ori, da scambiare con quelli di Carlo, e quello ritornò subito a corte, disgustato dal proprio sospetto. Carlo, quando ricevette gli ori del braccio destro di Algiso, li indossò e lo coprirono tutto fino alle spalle. Carlo allora esclamò: “Non c’è da meravigliarsi se quest’uomo ha una forza così grande. Aveva paura sempre lo stesso re di Algiso, in quanto regnava al suo posto dopo averne privato lo stesso e suo padre, e sapeva che era un eroe da lodare per la sua forza, e perciò aveva mandato ad ucciderlo.

Alla fine Algiso, che era riuscito a sfuggire i maggiori pericoli, raggiunse sua madre, la regina Anza, che allora era andata, per pregare alle feste, nella città di Brescia.

Fonti: Chronicon Novaliciense, sec. XI.

Montanari, Massimo. Le ossa spezzate : Adelchi alla tavola di Carlo Magno. 2011 - Bologna, CLUEB, P. 255-265.

Pubblicato 25/08/2023 12:35:33