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GORÉE E SÃO TIAGO DA RIBEIRA GRANDE
I centri storici della tratta degli schiavi (Senegal e Capo Verde)
Il recupero dell'architettura coloniale in Africa è reso difficile da problemi di salvaguardia sociale e di opportunità economica, nonostante le ragioni culturali e le occasioni offerte dal turismo intemazionale.
Tre chilometri al largo di Dakar, capitale del Senegal, l'isola di Gorée costituisce uno dei centri storici più significativi dell'Africa occidentale, insieme all'isola di St. Louis, presso la foce del fiume Senegal. Nel momento del suo massimo splendore, Gorée aveva due fortezze e diversi edifici pubblici: chiesa, moschea, scuole, dispensario, uffici amministrativi. Le ricche dimore dei commercianti ed i depositi di mercanzie e di schiavi ne completavano la cornice architettonica.
Gorée è stata proclamata "monumento storico dell'umanità" dall'Unesco; il suo restauro vorrebbe costituire anche una memoria museografica della tratta degli schiavi. Infatti, per almeno due secoli, I'isola costituì un relais importante nel lungo viaggio delle navi negriere verso le Americhe.
Ancora più importanti, per la storia del traffico negriero, sono le rovine della città di São Tiago (San Giacomo), conosciuta anche come Vila da Ribeira Grande ed oggi chiamata Cidade Velha, antico capoluogo dell'arcipelago del Capo Verde.
Il centro storico di Gorée è minacciato da diversi agenti: il mare, con la salinità e con il lavorio diretto delle onde, mina i materiali e le strutture, il vento trasporta sabbia, corrode ed altera i livelli stradali, l'abbandono di certi edifici, o l'occupazione abusiva, non fanno che accelerare i fenomeni di degrado. Anche le ricostruzioni attuate da alcuni proprietari contribuiscono a rovinare l'ambiente storico.
Lo splendore e la decadenza di due città coloniali
L'isola di Gorée fu "scoperta" nel 1444 dalla flotta del portoghese Denis Dias. I Lebu che vi abitavano la chiamavano Bezeguiche (Bezeghish), dal nome di un capo del Cayor, il vicino regno indigeno. I Portoghesi la ribattezzano "isola di Palma", o anche "isola delle scialuppe". Non vi si insediano stabilmente, ma la usano per le piccole riparazioni necessarie alle navi, e consentono tali operazioni anche alle altre flotte. L'arcipelago del Capo Verde, nel quale sbarcano la prima volta nel 1450, appare loro uno scalo più idoneo lungo le rotte dirette all'lndia e alle coste dell'Africa occidentale.
Sulle coste senegalesi, i Portoghesi progettano la costruzione d'una forteza alla foce del fiume Senegal, e di un'altra nel sito dove oggi sorge la città di Dakar, presso la sorgente di Hann. Più a sud, lungo la "Petite Côte", fondano gli scali commerciali di Rufisque, Portudal e Joal. Le navi che trasportano mercanzie e schiavi fanno scalo a Ribeira Grande, sulla costa sud-occidentale dell'isola di São Tiago. I primi coloni dell'arcipelago del Capo Verde fondano quella città alla foce di una delle numerose vallate dell'isola, simili a canyons, che nel portoghese locale vengono dette ribeiras. La presenza d'un piccolo ancoraggio, protetto da una barriera di scogli, valorizza una fertile valletta ricca d'acqua La città di São Tiago da Ribeira Grande viene protetta da tre fortezze; diviene una piazzaforte militare ed uno scalo importante lungo le rotte atlantiche, arricchendosi con il commercio e la tratta degli schiavi. Rimangono segnati negli annali il passaggio di Vasco da Gama nel giugno 1497 e l'assalto, nel secolo successivo, da parte del corsaro inglese Francis Drake.
Nel sec. XVII gli Olandesi prendono l'isola di Gorée ai Portoghesi e vi costruiscono due forti, l'uno di fronte all'approdo e l'altro in alto, sulla collina chiamata ancor oggi Le Castel. Il nome attuale dell'isola deriva dall'olandese goede ree, che indica la sua buona rada d'approdo. Gorée si chiama anche un'isoletta nel delta del Reno.
Il grande traffico triangolare tra Europa, Africa ed America, che vede l'intensificarsi della tratta degli schiavi, si sviluppa dalla metà del sec. XVII. Avventurieri europei si arricchiscono con le loro "schiaverie" e si inventano nuovi titoli di nobiltà. Le isole di Capo Verde, in mano ai Portoghesi, diventano un importante relais per il commercio degli schiavi. Qui essi vengono tenuti per il tempo necessario ad abituarsi alla nuova vita servile e vengono anche sperimentati incroci razziali, per migliorare le doti di resistenza fisica o di bellezza dei diversi ceppi di popolazione africana "forniti" dalle razzie lungo le coste del Continente. Ancora oggi, nell'antico cimitero si vedono gli stemmi creati da pirati e mercanti, per darsi una "patente" di nobiltà. Così, ad esempio, ai cognomi Cabrito e Leitão (capretto e porcellino da latte) corrispondono le rispettive figure di animali come simboli araldici).
Oltre i Portoghesi e gli Olandesi, anche gli Inglesi ed i Francesi si impadroniscono, per brevi periodi, dell'isola di Gorée, che cambia padrone per ben diciassette volte. Dopo il 1677 essa rimane in mano ai Francesi. La pace di Nimega, nell'agosto 1678, conferma loro tale possesso, che sarà interrotto solo per due brevi periodi dalla conquista inglese (1779-1783 e 1800-1817). A Gorée, come a St. Louis e nelle isole di Capo Verde, il metissaggio è stimolato dall'abitudine del personale coloniale (ufficiali, governatori ecc.) a lasciare in Francia la moglie e la famiglia per contrarre, in colonia, un altro matrimonio provvisorio à moda da terra, con una delle bellissime signare locali (corruzione creola, dal portoghese senhoras). Queste signares mulatte ed i loro parenti tendono a costituire la borghesia d'affari della colonia, possiedono case, schiavi e detengono le leve principali del commercio. Nasce così la società creola. Il termine "creolo", propriamente, si distingue da "meticcio" o "mulatto" perché non descrive la situazione di un singolo individuo, ma d'una società di radici miste, sia razziali, sia culturali. Per schematizzare, il meticcio nasce da un matrimonio fra una persona bianca ed una nera; il creolo, invece, nasce "caffelatte all'interno di una famiglia (e di una società) caffelatte". Rimangono particolarmente celebri gli anni 1785-87, in cui fu Governatore della colonia il Cavaliere de Boufflers. Egli spostò la capitale da St. Louis a Gorée e vi tenne una brillante corte, con la sua signare creola Anne Pépin, figlia d'un chirurgo del luogo.
I documenti danno per Gorée una popolazione di soli 197 abitanti nel 1744, e già di un migliaio nel 1767. La popolazione cresce regolarmente: 1500 nel 1776, 2000 nel 1786 e più di 4000 nel 1817. Nel 1842 Gorée ospita 4983 residenti, dei quali 1100 sono uomini liberi, e nel 1847 5051 (di cui 1300 liberi). Nel 1866, gli abitanti sono 3369, e scendono a 2068 nel 1891 ed a 1249 nel 1910.
Quanto a São Tiago da Ribeira Grande, essa viene abbandonata dagli uffici dell'amministrazione coloniale portoghese nell'ultimo quarto del sec. XVIII, con la costruzione della nuova capitale di Praia, all'estremità meridionale dell'isola. Da quel momento, per la città comincia un lungo periodo di decadenza, ben espresso dal nome di Cidade Velha (città vecchia),con il quale oggi è conosciuta.
La tratta degli schiavi è abolita in Francia dalla Rivoluzione, nel 1794, e ripristinata da Napoleone. La soppressione definitiva avviene nel 1848, sotto l'impulso del sottosegretario alle colonie Victor Schoelcher. Il commercio aumenta, viene addirittura decuplicato dagli ex-schiavi liberati, che avviano piccoli cantieri navali ed altre attività artigianali. Tuttavia, il commercio dell'arachide innesca la fortuna del porto di Rufisque e provoca la diminuzione dei traffici che passano per Gorée. L'isola sembra condannata: il nuovo trasferimento della capitale del Senegal a St. Louis, l'apertura del canale di Suez, le ripetute epidemie di febbre gialla che decimano la popolazione, fanno perdere importanza strategica a Gorée. Sulla penisola, proprio di fronte all'isola, nasce nel 1857 la metropoli di Dakar. Dopo l'indipendenza del Senegal (1960) Gorée diviene il rifugio di famiglie prive di mezzi, incapaci di affittare un alloggio sul mercato di Dakar. Si trasforma così in "città-dormitorio". In seguito, ricchi senegalesi e stranieri cominciano a comprare e restaurare alcune case nell'isola, come seconde residenze.
L'architettura di Gorée
Gli artigiani che hanno progettato e realizzato Gorée erano Francesi, Inglesi ed Olandesi provenienti per lo più dagli ambienti dei marinai e dei militari di professione. Le loro conoscenze, il loro "stile", si sono trasmessi a maestranze locali che, poco a poco, hanno modificato e reinterpretato i primi modelli. Le case coloniali hanno diverse caratteristiche in comune. L'adattamento al clima locale è ottenuto tramite sistemi di ventilazione naturale: soffitti alti, loggiati, gallerie, balconate con balaustre intagliate in legno. I materiali locali sono ampiamente utilizzati: i muri portanti sono di blocchi basaltici, legati da una malta di calce ottenuta dalle conchiglie e sabbic grossolana.
I mattoni di terracotta provengono dalla metropoli e servivano da zavorra alle navi. A Gorée sono stati utilizzati in piccole quantità per decorare i comicioni delle facciate o facilitare la costruzione di arcate e di volte. Gli architravi sono degli stessi legnami impiegati nei cantieri navali; qualcuno è di pietra basaltica o calcarea (quest'ultima si trova in grandi quantità presso Rufisque, città coloniale della vicina penisola del Capo Verde). La maggior parte degli edifici esistenti risale all'"epoca d'oro" di Gorée, tra la metà del sec. XVIII e 1a meta del XIX.
La chiesa di San Carlo Borromeo, la più antica oggi esistente in Senegal (1830), è caratterizzata dalla ricerca d'un volume composto di forme semplici: un'elaborazione coloniale del neoclassicismo. Costruita in muratura di mattoni, con il atrio sorretto da pilastri a pianta quadrata di ispirazione dorica, decorata con una certa ingenuità da villaggio contadino, con l'arredo interno che rivela la mano del carpentiere.
Spiccano alcuni edifici, tutti dello stesso periodo: il palazzo Roume, ex residenza dei Governatori, l'antica Mairie, la casa dell'Ammiraglio, la casa delle Suore e l'ospedale militare, tutti costruiti tra il 1780 ed il 1790. Si tratta di costruzioni accoglienti, aperte verso la facciata, a differenza degli edifici anteriori, per i quali i regolamenti militari imponevano che il piano terreno avesse soltanto delle strette feritoie con sbarre di ferro.
Le case tradizionali dell'isola erano residenze per i mercanti al primo piano, e magazzino di merci o di schiavi al piano terreno. La Maison d'esclaves, oggi restaurata e adibita a museo, ne offre l'esempio. Imposte di legno dipinto, persiane e musharabia (chiusure a graticcio) chiudono non solo le finestre, ma spesso anche le aperture di logge e porticati, filtrano la luce violenta del sole tropicale e proteggono l'intimità. Quasi tutte le case avevano terrazze "all'italiana", piastrellate, su un letto di calce sorretto da travi di legno. L'acqua piovana veniva raccolta in cisterne sotterranee, sino a che le epidemie di febbre gialla non ne consigliarono l'evacuazione diretta in mare. Le terrazze sono state, in seguito a ciò, sostituite da tetti in pendenza, coperti da tegole di laterizio.
Alla fine degli anni Sessanta, dopo il primo Festival delle Arti Negre (Dakar, 1965), il Senegal decide di restaurare l'isola di Gorée: impresa difficile, per un Paese in via di sviluppo. Interviene l'Unesco, che nel decennio 1973-1984 si assume il coordinamento culturale e la propaganda del restauro di Gorée nei confronti della Comunità internazionale.
L'isola viene dichiarata patrimonio storico dell'umanità e nel 1980 viene proposto un piano regolatore per la salvaguardia del suo patrimonio architettonico.
"Se Gorée diventasse bidonville o lido di lusso, bazar per turisti o 'tempio della cultura', o 'città-museo', essa perderebbe comunque la sua anima ed il suo significato profondo" (UNESCO, 1980).
La "Cidade Velha" (São Tiago da Ribeira Grande)
Una serie di circostanze hanno contribuito alla decisione dell'Unesco di dichiarare Gorée "monumento dell'umanità", piuttosto che St. Louis, l'antica capitale della colonia francese, che oggi cade in rovina, o Rufisque, o l'antica capitale capoverdiana di Ribeira Grande. Certamente, oggi molti studiosi contestano l'opinione di Jo Ndiaye, il conservatore della Maison d'esclaves, il quale sostiene che a Gorée passarono milioni di schiavi neri.
Le rovine dell'antica città giacciono oggi in disordine. È ben riconoscibile, aperta a tutti, la grande cattedrale con il vicino palazzo vescovile, che domina la baia da un'altura posta a sud-est. Nella piazza principale, vicino al molo, si erge ancora il Pelourinho, colonna di pietra scolpita che serviva per la tortura e l'esecuzione di schiavi e criminali, simboleggiando il potere dello Stato. Un monastero, la Casa de Misericórdia e alcune altre rovine sorgono fra le palme e le coltivazioni, con una chiesetta che raccoglie le sepolture e le memorie degli abitanti, dalla metà del sec. XV fino ad oggi. Su tutto il resto dell'impianto urbano, casupole di pietra sono state erette con i blocchi stessi degli antichi edifici.
In alto, sul versante dirupato della Ribeira, il forte principale è stato restaurato nel 1960 dai Portoghesi che immaginavano allora di rimanere padroni dell'arcipelago. Ma sino ad oggi i progetti per il restauro e la valorizzazione dell'intera città sono ancora lettera morta.