Salta direttamente al contenuto
Liutprand - Associazione Culturale

Liutprand - Associazione Culturale

Articoli

di Alberto Arecchi

ISLAM NERO E DIPINTI SOTTO VETRO IN SENEGAL


La conversione in massa all'Islàm dei wolof, etnia oggi maggioritaria nell'area senegambiana, risale al secolo scorso ed è strettamente legata al carisma di alcuni personaggi illustri (il condottiero Lat Dior, ad esempio, e alcuni marabù illuminati), ma anche al paziente lavorìo di diffusione e di penetrazione compiuto da commercianti mandinke e tukuleur. Nell'Islàm, che non prevede ministri del culto o altri intermediari istituzionali fra il credente e Dio, i marabù o sheykh non sono preti ma soltanto "santi uomini" (walî) che si distinguono per pietà, scienza ed opere, guide spirituali (murshid). Fra di loro vi sono anche autentici mistici, fondatori di scuole e di confraternite e diffusori della religione. Nell'Islàm nero essi assumono un rilievo particolare, come capi di confraternite carismatiche. Sono chiamati ceerno (tyerno) dai peul e serign dai wolof. Il marabù in Africa detiene, secondo un proverbio wolof, "l'avere, il sapere e il potere" (am, kham, katan). L'Islàm, a differenza del Cristianesimo, non è sentito qui come una religione estranea: è arrivato con il commercio e la cultura, non tramite un'occupazione straniera armata, e si è espresso molto presto attraverso missionari locali. Indubbiamente, però, anche l'Islàm incontra forti resistenze fra popolazioni attaccate alla tradizione del culto degli avi e delle forze naturali. La dialettica, sempre in gioco, fra il bisogno di sentirsi parte d'un quadro universale e il riconoscimento di un'identità nazionale, favorisce la nascita di confraternite a carattere locale, che seguono gli insegnamenti di un maestro particolare.
Un rilievo particolare ha nella regione senegambiana la confraternita murìd. A un primo sguardo essa si presenta come una setta esclusiva, ricca di potere economico e politico, fortemente gerarchizzata, temuta e malvista in molti ambienti, anche musulmani, ad essa estranei. La storia del suo sviluppo è strettamente legata alla messa a coltura di grandi estensioni per la produzione dell'arachide. La sua importanza attuale condiziona gli equilibri politici, in un'area di forti investimenti occidentali e di evoluzione dei meccanismi politici e partecipativi in un senso "moderno e democratico". Il Muridismo basa i propri meccanismi attuali di potere "urbano" su un apparato capillare di drenaggio della rendita agricola, che deriva principalmente da una coltura - l'arachide - considerata da molti come una delle concause della desertificazione, ma anche su sistemi di "colonizzazione a rovescio" delle economie europee, che risultano molto interessanti da analizzare.

Bamba

Come è nato il Muridismo

"Lavora come se non dovessi mai morire e adora Dio come se dovessi morire domani". Questa raccomandazione, simile all'"ora et labora" dei monaci medievali, indica i due poli della filosofia di vita proposta da Amadou Bamba.
La confraternita murìd fu fondata da Mohammed ben Habîb-Allâh, della famiglia Mbaké, wolof di origine tukuleur, nato intorno al 1850 e morto nel 1927, più comunemente conosciuto con i nomi di Amadou Bamba (il protettore, in lingua malinke) o Khadimou Rassoul (il servo del Profeta). Parente acquisito di Lat Dior, ultimo re (damel) del Kayor, celebrato oggi come eroe della resistenza anticoloniale, Amadou Bamba fondò nel 1886 il santuario di Touba (felicità), che oggi è divenuto "la Mecca" dei Murìd. La sua predicazione richiamò migliaia di persone e suscitò il sospetto nelle autorità francesi, le quali, sempre timorose di movimenti indipendentisti, finirono per mandarlo in esilio al Gabon (1895-1902) e poi in Mauritania (1902-1907). Durante questo secondo periodo d'esilio, Amadou Bamba si perfezionò "in scienza e saggezza" presso Cheikh Sidiya, che già era stato suo maestro. Nel 1907 ritornò in Senegal, in residenza sorvegliata. Nel 1908 il residente francese di Diourbel scriveva: "La regione di Mbacké è abitata quasi esclusivamente da marabù fedeli del Serign Bamba, per il quale hanno un autentico culto. Darebbero di buon grado persino le loro donne e i loro bambini, per far piacere al loro capo religioso".
I suoi seguaci, dai 500 del 1895, nel 1912 erano già quasi 70.000. Le persecuzioni da parte delle autorità cessarono, contro questo capo religioso che raccoglieva grandi consensi ma non predicava la guerra santa contro lo straniero. Paul Marty commentava: "Occorre vedere nel Muridismo l'azione su un popolo d'un marabù molto abile e influente, e la reazione di questo popolo, con tutti i suoi costumi e le sue tradizioni, all'Islàm invasore: insomma, una rivincita dell'antropolatria".
Dopo la sua installazione definitiva a Diourbel, nel 1912, Amadou Bamba rassicurò l'amministrazione coloniale, sempre timorosa dei rischi d'una "guerra santa" islamica, creando dei villaggi di colonizzazione pacifica: una dozzina sino al 1915 e altrettanti ancora sino al 1926, quasi tutti nella zona del Baol wolof.
Durante la prima guerra mondiale, Amadou Bamba ottenne la croce della Légion d'Honneur, come ricompensa al merito per il gran numero di suoi adepti che aveva fatto arruolare tra le truppe francesi. Le offerte dei fedeli, in quantità sempre crescente, permisero al capo murìd di accumulare una discreta ricchezza: nel 1919 poté comprarsi un'automobile, articolo di gran lusso per quei tempi, e cominciò a erigere nuove moschee nei luoghi di diffusione del suo movimento. Nel 1924, il capitano P.J. André, dei servizi d'informazione francesi, coniò l'espressione "Islàm nero", che avrebbe fatto fortuna.

Touba

Amadou Bamba morì il 19 luglio 1927 a Diourbel e fu sepolto a Touba prima di diffondere la notizia fra la popolazione, "per evitare disordini e scene di necrofagia, che il fanatismo dei discepoli faceva temere" (Nekkach, 1952). Alla sua morte, l'espansione territoriale del movimento Murìd segnò una battuta d'arresto, per riprendere nel periodo 1934-45, con la spinta verso le "terre nuove", soprattutto in regioni ancora boscose e nei bacini dei fiumi Sin e Salùm. I servizi forestali tentarono di deviare l'avanzata del movimento e di respingerlo verso le città costiere, proteggendo in forma ufficiale i villaggi animisti.
I Murìd hanno così conosciuto e popolato anche le città: nel 1952, 50.000 di loro vivevano in un contesto urbano, dei quali 15.000 a Thiès e oltre 20.000 a Dakar e nella regione del Capo Verde. Qui cominciarono a occupare da "irregolari" i quartieri di bidonvilles, esercitando mestieri come falegname, fabbro o sarto.
Nel 1952, Lucien Nekkach contava più di 300.000 Murìd. Nel 1959, Abel Bourlon valutava il loro numero a 400.000.
Il 7 giugno 1963, all'inaugurazione della moschea di Touba, il Khalif generale parlò di "un milione di Senegalesi". Quanto all'adesione al Muridismo delle diverse etnie, benché il movimento sia nato e si sia sviluppato tra i wolof, già nel 1913 cominciava a reclutare adepti fra i serèr e contava già tre marabù Peul (Marty). Oggi ci sono dei Murìd Tukuleur e, in Casamance, dei Murìd Dyola. In quest'ultima etnia, a maggioranza animista e con una forte componente cristiana, il proselitismo si propaga dal capoluogo Ziguinchor e da una forte presenza installata a Baila (Bignona).
I veri marabù (cheikh) erano, nel movimento murìd, circa 200 nel 1952 e sempre nell'ordine di grandezza di qualche centinaio nel 1965.

suwer

I suwèr (dipinti sotto vetro)

Vi fu un momento in cui l'amministrazione coloniale francese, che temeva sempre il nascere di una "guerra santa" islamica, proibì la diffusione in Senegal di stampine a carattere religioso, ritenute ostili alla presenza dei bianchi. Nel 1908 il governatore generale dell'AOF, William Ponty, mise fuori legge tutte le "rozze stampe a colori rappresentanti scene della vita musulmana". Non avrebbe mai immaginato di stimolare così il nascere di una nuova arte popolare. Infatti, gli artisti cominciarono a dipingere scene religiose e della vita quotidiana sui pezzetti di vetro (finestre rotte, ecc.) che potevano trovare. Li dipingevano dietro il vetro, con uno stile particolare che richiede di tracciare il disegno "specularmente", scambiando la destra con la sinistra dell'immagine, e di cominciare dai particolari per finire con i colori del fondo. Il nome suwèr non è altro che la distorsione dell'espressione francese "sous verre", sotto vetro.
Episodi della tradizione religiosa, scene a carattere storico, ritratti di marabù contemporanei, angeli dalle ali dorate, l'arca di Noé tra le onde coperte di schiuma, ritratti di belle senegalesi che sembrano dipinti da Matisse, ritratti di famiglia e scene di vita quotidiana... il repertorio è ricchissimo e i vecchi suwèr, firmati da artisti ormai famosi, sono ben quotati. Fra i classici, ricordiamo il ritratto della bellissima Aba Ségou, la bella giovane con la fronte ornata di libidor (louis d'or, monete dell'epoca coloniale), dallo sguardo appassionato; il "dammi i soldi per la spesa", scenetta di vita familiare in cui la donna, con il piede su un bauletto, sbarra il passo al marito che vorrebbe uscire di casa per recarsi dagli amici; la "partenza della sposa": la casalinga offesa lascia la casa, con il suo mortaio sulla testa, indifferente alle lacrime del marito e del figlio piccolino; il "ladro condotto al commissariato", in posa da play-boy, vestito a nuovo, in mezzo ai gendarmi in alta uniforme.
Il mercato turistico ha sviluppato, in questi ultimi anni, la produzione e le imitazioni, traducendo quest'artigianato artistico in un prodotto quasi di massa, per l'esportazione.

Pubblicato 19/03/2008 09:59:35