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TROVATE LE MINIERE DELLA REGINA DI SABA?
Archeologi inglesi compiono una scoperta che potrebbe risolvere l’enigma delle ricchezze della mitica Regina di Saba, di cui parla la Bibbia.
L’archeologa Louise Schofield davanti alla miniera che si ritiene sia appartenuta alla Regina di Saba,
nel nord dell’Etiopia. Foto: The Tigray Trust.
L’archeologa Louise Schofield, già curatrice del British Museum, ha diretto gli scavi sull’altopiano di Gheralta nel nord dell’Etiopia, e dichiara: "Una delle cosa che mi sono sempre piaciute nell’archeologia è il modo in cui si può collegare con le leggende e i miti. E’ straordinario il fatto che possiamo aver trovato le miniere della Regina di Saba."
Una prima traccia era la stele alta sei metri su cui erano scolpiti il sole e la luna crescente, il "segno distintivo della terra di Saba", dice Schofield. "Ho strisciato sotto quella pietra – facendo attenzione, perché mi avevano detto che c’era un serpente di tre metri – e mi sono trovata davanti un’iscrizione in lingua Sabeo, la lingua della mitica Regina."
Su un tumulo, lì vicino, l’archeologa ha trovato parti di colonne e pietre finemente decorate che appartenevano a un tempio sepolto, dedicato al dio della luna, la divinità principale di Saba, una civiltà che durò mille anni e fiorì nel sec. VIII a.C. La stele indicava una vittoria in battaglia ottenuta in quel luogo, dove Schofield stava scavando.
I locali cercano ancora oggi l’oro nel fiume, ma non conoscevano l’antica miniera. Nell’ingresso, un antico teschio indossava decorazioni cesellate del regno sabeo.
Saba era un regno fiorente per il commercio dell’incenso, che vendeva sino a Gerusalemme e all’impero romano. La regina è immortalata nella Bibbia e nel Corano. La sua visita a Salomone è descritta "con grande sfarzo, con cammelli carichi di spezie, moltissimo oro e pietre preziose... Ella regalò al re 120 talenti d’oro e una grandissima quantità di spezie."
Poco si sa della regina di Saba, ma la sua immagina ha ispirato opere mistiche durante il Medioevo cristiano. Ella incarnava la sapienza divina. Ispirò anche ripinti turchi e persiani, l’oratorio Solomon di Handel e films di Hollywood. La sua storia si racconta ancora per l’Africa e l’Arabia, e i racconti dell’Etiopia sono immortalati nel libro sacro Kebra Nagast.
Si dice che la sua sia stata una delle più antiche storie d’amore. La Bibbia narra che si recò in visita al re Salomone per verificarne la saggezza, ponendogli una serie di enigmi e domande. La leggenda vuole che si amassero e che i loro discendenti, la stirpe di Menelik – figlio della sapienza – diventassero re dell’Abissinia..
Mentre Schofield esaminava l’antico sito, in un paesaggio roccioso di cactus e di acacie, immaginava la regina che arrivava a dorso di cammello, con schiavi ed elefanti che spostavano i massi dalla miniera.
Gli scavi veri e propri inizieranno non appena saranno trovati i fondi e Schofield spera di determinare l’esatta dimensione della miniera, il cui ingresso è bloccato da massi.
I primi esami da parte di esperti minerari dicono che la miniera dev’essere molto grande, con gallerie di dimensione adeguata per camminare all’interno.
Schofield ha già diretto gli scavi della città romana di Zeugma sull’Eufrate, prima che fosse allagata dalla diga di Birecik. La sua ultima scoperta è stata compiuta durante le ricerche ambientali connesse a un impianto d’irrigazione in Etiopia, per un progetto di eco-turismo diretto dal Tigray Trust, un ente caritatevole da lei fondato per lo sviluppo di un’area 10000 abitanti nella zona di Maikado.
Sean Kingsley, archeologo e autore di God's Gold, ha dichiarato: "Da dove provenissero le ricchezze di Saba è rimasto uno dei grandi misteri del Vecchio Testamento. Timna, nel deserto del Negev, è stata falsamente ribattezzata 'le miniere del Re Salomone', ma non ne sappiamo molto di più.
L’idea che le rovine dell’impero di Saba possano tornare alla luce e dare nuova vita ai villaggi della zona di Maikado è molto poetica e suggestiva. Far aderire il passato al presente è proprio ciò che ogni archeologo dovrebbe fare. "
Fonte: The Guardian, 12/2/2012