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IL CULTO DELLA DEA MADRE
L'eterno femminile a CretaAlcuni esperti ritengono che le culture dell’epoca megalitica fossero matrilineari, con le donne poste al vertice della società - non come governanti del potere politico, ma in quanto datrici di natalità. Forse può essere tracciata una linea di continuità dalle donne della cultura neolitica Natufian del Libano, o addirittura dalla Venere di Willendorf, 24.000 anni fa. Dopo tutto, le donne erano sin dalle origini raccoglitrici di semi, mentre gli uomini andavano a caccia. Furono le donne che probabilmente svilupparono la più importante esperienza nel settore agricolo, con l’istinto e il senso comune per selezionare le migliori sementi per le colture dell’anno successivo, il che anticipava in modo germinale ciò che oggi chiamiamo selezione artificiale.
La dea madre assunse una varietà di forme diverse. In alcuni casi era un serpente, in altri un avvoltoio, o la Luna. Ogni simbolo rappresentava un ciclo di morte, nascita e rinascita: il serpente va in letargo, poi si sveglia e perde la sua pelle; l’avvoltoio ricicla i corpi di animali morti mangiando la loro carne e la Luna muore e rinasce ogni 28 giorni, ad immagine del ciclo mestruale femminile.
Il culto della Luna era molto sviluppato in tempi megalitici. Di recente è stato riconosciuto che i templi come Stonehenge erano originariamente costruiti per glorificare la Luna, così come il Sole. Ogni mese, la luna appare perfettamente allineata attraverso i varchi tra le massicce pietre. Gli architetti le hanno collocate con cura, per rilevare le variazioni dei cicli lunari, che si ripetono esattamente ogni 18,6 anni. La luna piena ha un significato religioso e storico che risale a migliaia d’anni fa, dal momento che proprio alla luce della luna piena molte tribù di cacciatori-raccoglitori partivano per la caccia, sperando di trovare le migliori opportunità per una buona cattura di prede.
L’isola matriarcale: l’enigmatica civiltà minoica di Creta
In Europa, il culto della dea madre ha conosciuto il culmine sull’isola mediterranea di Creta, nel secondo millennio a.C. Qui è anche sopravvissuto più a lungo. Creta prosperò sulle rotte commerciali che collegavano il Mediterraneo con il resto dell’Europa megalitica e con il Nord Africa. La fioritura della civiltà minoica sull’isola coincise con la crescita della civiltà nella Valle dell’Indo, dal 3300 al 1700 a.C. Omero, un poeta greco che scrisse nel sec. VIII a.C., sostenne che c’erano ben novanta città a Creta, e gli archeologi hanno trovato un certo numero di “palazzi”, il più grande dei quali è nel capoluogo dell’isola, a Cnosso.La scoperta di quest’isola d’antica civiltà è stata opera soprattutto di Sir Arthur Evans, un eccentrico, ma meticoloso archeologo vittoriano. Non appena mise piede a Creta nel 1894, Evans perseguì con rigore il mistero del mitico re Minosse, che, come narrava la leggenda, governava da un favoloso palazzo a Cnosso, che ospitava uno spaventoso mostro, il Minotauro. Metà uomo, metà toro, questa bestia viveva in un labirinto impenetrabile e divorava la carne di vergini, ancora vive.
Creta minoica era come un cuore che pompava, al centro del sistema di scambio dell’Età del Bronzo. I suoi legami commerciali si estendevano dalla Mesopotamia a est, a ovest alla Spagna. Stagno e rame erano importati ed esportati per la fusione del bronzo, mentre colture di lusso come il giallo zafferano erano coltivate nei campi dell’isola ed esportate come aromatizzanti per i cibi.
Evans scoprì che il popolo dell’antica Creta seguiva la tradizione megalitica. Le donne e gli uomini avevano uguali diritti. I dipinti murali dei palazzi di Cnosso e Festo mostrano che le donne erano in grado di esprimersi liberamente. Esse sono rappresentate a petto nudo, indossano camicie a maniche corte aperte all’ombelico e lunghe, fluenti, gonne a falde.
Statue, vasi e pitture murali mostrano immagini di gare sportive in cui le donne gareggiavano alla pari degli uomini. Lo sport preferito dell’isola era l’impossibile volteggio sul toro. Un acrobata (a volte femmina) afferrava le corna di un toro e gli saltava sul dorso. Poi, in un secondo salto mortale, atterrava a terra in posizione verticale, sui propri piedi. Non c’è da stupirsi che le donne minoiche fossero le prime ad indossare abiti e corpetti imbottiti, prerequisiti essenziali, si potrebbe pensare, per uno sport come questo.
Le donne non dominavano la società, ma la controllavano. Gli affreschi del palazzo di Thera, nell’isola di Santorini, 100 km a nord di Creta, mostrano donne in piedi sul balcone che osservano processioni di giovani che stanno portando un animale per il sacrificio. La maggior parte dei sacerdoti della Creta minoica era di sesso femminile. Nella legge minoica, le donne mantenevano il pieno controllo delle loro proprietà ed avevano anche il diritto di divorziare a piacere. Era una tradizione, anche, che il fratello d’una madre fosse responsabile per l’educazione dei figli di lei. Costumi come questi, che sembrano strani a noi oggi, rimasero a lungo nelle abitudini del Mediterraneo.
I palazzi minoici non erano possenti e dominanti come quelli in Egitto o Sumeria. Piuttosto, essi davano vita ai centri amministrativi, comunali e religiosi della regione, fornendo un luogo di lavoro per gli artigiani, gli spazi di stoccaggio per i prodotti alimentari e templi per il culto della dea. Uno sguardo a un modello di ricostruzione del palazzo di Cnosso può permettere di capire perché gli invasori greci potessero immaginare, dai corridoi e dai canali d’irrigazione, che esso somigliasse ad un impenetrabile labirinto.
Come i commercianti della Valle dell’Indo e gli altri popoli della civiltà megalitica europea, i minoici svilupparono proprie forme di simbolismo che dimostravano che la loro civiltà era culturalmente e tecnologicamente avanzata. Nel 1903 gli archeologi, scavando il palazzo di Festo, sul versante sud dell’isola, fecero una scoperta che lasciò perplessi gli storici.
Il Disco di Festo, attualmente in mostra al museo archeologico di Herakleion, a Creta, si pensa che sia databile tra il 1850 e il 1600 a.C. Esso contiene 45 simboli unici disposti in una forma a spirale, simile alle spirali trovate sui vasi a Cnosso, o addirittura in Europa, in tombe megalitiche come quella di Newgrange in Irlanda. Nessuno sa chi ha fatto il disco, o che cosa significhino i simboli, ma esso dimostra che il popolo della Creta minoica era artistico, prospero e molto ingegnoso.
A seguito di scavi in un sito chiamato Akrotiri, nel 1967, sappiamo ormai che i Minoici si insediarono anche nell’isola di Santorini. Lì, gli archeologi hanno scoperto i resti di una grande, antica città che era stata sepolta per migliaia d’anni sotto spessi strati di cenere vulcanica. Anche se solo la punta meridionale della città è stata finora esaminata, case di tre piani sono state scoperte, con belle pitture murali, scale in pietra, colonne e grandi vasi di ceramica di stoccaggio, mulini e ceramiche. L’Akrotiri minoica vantava anche un sistema di drenaggio sviluppato, con il primo acquedotto noto al mondo, fatto di tubi e canali di terracotta, separati per fornire acqua calda e fredda.
Un modello diverso è visibile dalla prova che è stata lasciata da queste prime civiltà. Estendendosi dall’antica Valle dell’Indo, dritto attraverso le montagne d’Anatolia, alle isole del Mediterraneo e sino alla lontana isola di Orkney a nord della Scozia, quello che emerge è una serie di civiltà, i cui templi e le cui tombe sono la testimonianza d’uno stile di vita di pace e di venerazione per la madre natura. La loro comune fede in un continuo ciclo di nascita, morte e rigenerazione è personificata nel loro culto d’una dea madre, in tutte le sue forme: serpente, avvoltoio, donna in gravidanza o luna. L’eccellenza nell’artigianato, l’abilità tecnica e l’arte squisita sono alcune delle loro eredità, insieme con uno spirito d’uguaglianza naturale. Questo non doveva continuare. Durante il secondo millennio a.C., l’ultima di queste primitive civiltà decadde. Una nuova potenza, sotto forma di potenza militare, travolse tutta l’Europa, il Medio Oriente e l’Asia.
Guerrieri armati di ferro si lanciarono a predare il lavoro d’altri, aprendo un’epoca in cui l’elitarismo, la ferocia e il terrore ebbero la loro vera origine.
Fonte: The Independent - World