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INSETTI A COLAZIONE
Ricchi di proteine e vitamina D, economici, abbondanti, grilli, cavallette e larve di farfalle sono i protagonisti della nuova alimentazione.
Cliccando qui, ti colleghi al sito di M. Bruno Comby, con le ricette a base d'insetti.
Castello di Montramé… Comby? Chi? Quello che mangia gli insetti? I francesi al nome breve di quel giovanotto magro con la barba scura e lo sguardo melanconico sorridono sornioni. È un pazzo, dicono in molti; è un furbo, suggeriscono altri; uno stravagante, un originale, uno scienziato, uno studioso, un ricercatore, un naturista. Un plagiato di Claude Burger, lo svizzero che alleva topi e maiali dalla coda liscia. Un nevrotico che fa dell'apparato digerente il fulcro della vita. Un fissato che pensa solo ai virus, alle malattie mortali, come cancro e Aids, e si nutre d’insetti nella speranza un po' fanatica che con la sua insolita dieta, a lui, i virus non lo beccheranno mai.
Bruno Comby è prima di tutto un laureato del Politecnico di Ginevra di trent'anni, nato a Rochefort, Bordeaux, da famiglia numerosa e ghiotta. La mamma cucina alla francese, solo una sorella si è convertita all'entomofagia. è scapolo e appassionato di vela; veste di nero come il signore di Déjeuner sur l'herbe in mezzo alle donne nude, ai fiori colorati, al cesto dei picnic. Abita da tre anni in un castello del XII secolo, Montramé, ottanta chilometri da Parigi, immerso nella campagna silenziosa e grassa dell'Ile de France. Mangia due volte al giorno, all'una e alle sette, soltanto alimenti crudi, arricchiti dalle proteine di insetti che alleva personalmente. Questa è la sua vita, questo il suo mestiere: studiare e propagandare l'alimentazione paleolitica, quella che permise a San Giovanni di sopravvivere nel deserto. Un'alimentazione di tradizione antica che ha padrini onorevoli e onorati. è scritto nel Corano: «Il profeta ha detto che Dio ha permesso di mangiare, senza però sgozzarli, due tipi d’animali: i pesci e le cavallette. Chi non mangia delle mie cavallette, dei miei cammelli e delle mie tartarughe non è degno di me, dice il Profeta».
«Voi mangerete: la cavalletta per la sua specie, l'acride per la sua specie; la locusta per la sua specie, il grillo per la sua specie», si legge nel Levitico, il testo degli ebrei. Il menu paleolitico, con la terza citazione religiosa dal Vangelo secondo Matteo, si presenta, dunque, con le carte in regola: «Giovanni portava una veste di peli di cammello e una cintura di cuoio ai fianchi e suo cibo erano locuste e miele selvatico». Ma lo scopo di Comby non è quello di convincere la gente a mangiare secondo i dettami dei sacri testi religiosi. La sua curiosità d’osservatore scientifico va alle abitudini alimentari di civiltà lontane dalla nostra, antiche di secoli, dove le malattie moderne non hanno clienti. Dagli esquimesi, che mangiano crudo e si nutrono di insetti, e ignorano le malattie cardio‑vascolari, a molte popolazioni africane, abituate alle larve di farfalle e alle cavallette, che ignorano il cancro, al messicani e agli indios della foresta amazzonica che non conoscono infezioni virali, sono molti quelli che ancora si cibano di erbe, radici, frutta selvatica, pesce crudo, acqua di sorgente, cacciagione e insetti evitando i mali del mondo civilizzato. Ma a che prezzo nel castello di Montramé i seguaci di Comby, gli entomofagi nostri contemporanei, si guadagnano la salute? «È solo questione di pregiudizi alimentari», sostiene Comby mentre per dimostrare che si può fare mette in bocca una cavalletta viva, a cui ha fermato le zampe e piegato la testa con un gesto secco. «Anch'io tre anni fa prima di ingoiare la prima formica della mia vita ero perplesso. Poi mi sono deciso e ho scoperto che aveva un buon sapore, superato da quello leggermente cremoso delle larve di farfalla o dalle mosche domestiche che sanno di panna». La conversazione si svolge in parte all'aperto, sotto il sole di una bella giornata, vicino al castello in pietra viva, seguiti da un cane di improbabile pedigree e di ottimo carattere, circondati da bambini pieni di giocattoli e da ospiti del castello venuti qui a curarsi rifiutando per almeno due settimane qualsiasi cibo cotto. In parte nel laboratorio di Comby, uno stanzino di due metri per uno, pieno di gabbie‑scaffali‑scatole dove vengono allevati gli insetti oggetto di studio della dieta entomofaga e paleolitica. Il carnet scientifico delle sue esperienze è diventato un libro (ora tradotto in italiano, dal titolo Insetti che bontà, Piemme editore) che ha messo a rumore il mondo francese. L'odore all'interno del laboratorio è inimmaginabile. Non si ha idea della quantità di escrementi prodotta da grilli e cicale chiusi in gabbia, nutriti degli avanzi di insalate biologiche, banane rosa, manghi selvatici, ananas raccolti nella giungla offerti in prima battuta agli ospiti del castello e poi, sotto forma di rifiuti, agli insetti d'allevamento. Nel castello, oltre a Comby, vivono una cinquantina di persone, entomofaghe e crudiste, seguaci di quel Claude Burger nominato all'inizio.
Svizzero di nascita, violoncellista di valore, Burger scoprì di avere un cancro incurabile a ventisei anni. Oggi ne ha cinquantasette, gode ottima salute, ha lasciato la musica e si dedica alla diffusione dell'alimentazione cruda e dell’istintualità, la filosofia derivata da Rousseau, secondo la quale, detto in due parole, se l'istinto ti dice che puoi mangiare una patata cruda, fallo, altrimenti astieniti, perché come ognuno sa, di patata cruda si può anche morire.
Burger incontra Comby in una piovosa giornata di marzo del 1985. Da allora i due destini si incrociano, Burger con le sue teorie sull'alimentazione cruda porta avanti una ricerca particolare sui maiali dalla coda liscia dei suo allevamento, così diversi dagli altri dalla coda arricciolata, perché meno stressati e meglio nutriti di cibo biologico. Comby arricchisce gli studi sulla già tanto reclamizzata dieta "a crudo" dei dati sugli insetti. Soggetti interessanti per la salute, aggiungono proteine e vitamina D in forma assimilabile dall'Uomo; concludono il cerchio della buona salute secondo cui c'è bisogno degli insetti per ritornare ad un sistema immunitario completo ed efficiente, quale il Signore fornì a noi e ai primati da cui discendiamo. «L'uomo crede di aver evoluto il proprio apparato digerente in modo da poter assimilare ciò che gli serve dai cibi cotti. Ma non è vero. Il nostro apparato è più simile di quanto non si pensi a quello degli scimpanzé, con la differenza che loro, gli scimpanzé, sono sanissimi e noi non abbiamo più le difese immunitarie di un tempo».
Comby parla senza i fervori del predicatore, ma sa di creare nell'interlocutore tanta più perplessità quanto più va avanti nell'elenco delle cose che fanno male all'Uomo, accanto a quelle che fanno bene. Fa male il latte una volta svezzati; il formaggio, nemmeno a pensarlo; lo yogurt, è deleterio come lo zucchero, come il caffè, il vino, il tè, la carne alla griglia e i barbecue di qualsiasi cosa, vegetali o di pesce; le verdure bollite, le patate a purè, l'insalata condita, l'olio extra vergine (mai visto uno scimpanzé o un gorilla versare l'olio sull'insalata?) la frutta in macedonia e la frutta alla fine di un pasto di proteine. Pollice verso anche sul succo di carota centrifugato, sulla spremuta di pomodoro e sulla banana schiacciata. Pollice alto invece su tutto ciò che non è né cucinato né trasformato, con menzione di merito per gli insetti del Creato. Sono oltre cinquecento i generi commestibili nel mondo, nel libro di Comby, una tabella ne indica, accanto alle proteine, la piacevolezza per il palato con i voti da zero a cinque Vince la farfalla esotica del Madagascar, perde la blatta adulta d'Europa; si piazzano bene le uova di formica europea, anche se, come riconosce Comby, «raccoglierle non è facile».
Il Venerdì di Repubblica, 174, 7 giugno 1991.